Brevi riflessioni sulla probabile decisione di AIFA in merito alla “pillola del giorno dopo” o dei “giorni dopo”

Ciascuno di noi conosce, a livello di ragione illuminato dalla fede, che l’uomo è irriducibile alla parte materiale. La ragione stessa mostra la pertinenza del termine “persona” nella quale riconosciamo il significato più vero e profondo con il quale pronunciare l’irriducibilità dell’uomo ad aspetti meramente materialistici.

Da Aristotele a S.Tommaso, da Pascal a Maritain fino ai nostri giorni l’uomo ha ricercato una completezza di definizione del “se” che a ben vedere in Cristo trova la sua espressione più vera e alta. Come ebbe modo di offrire la riflessione Conciliare “in Cristo si svela il mistero dell’uomo” (Gaudium et Spes, 22) veramente sentiamo che la ragione, che ogni definizione tentata sul mistero dell’uomo viene approfondita e dilatata dal riferimento a Cristo che la nostra fede ci permette di comprenderlo come vero Dio ma anche come vero Uomo. Egli è veramente quello che la ragione ha indagato e cercato.

Mi piace allora ricordare qui la definizione che la bella e provvidenziale Dichiarazione della Dottrina della Fede, dell’8 settembre 2008 a firma del Cardinale Levada, a cui ogni cristiano è chiamato a tenere in considerazione in campo etico o più diffusamente morale: essa ci richiama al metodo con cui offrire il nostro contributo di cristiani e credenti e vale la pena di ricordarcelo attraverso la rilettura di alcuni numeri della Dichiarazione:

  1. Negli ultimi decenni le scienze mediche hanno sviluppato in modo considerevole le loro conoscenze sulla vita umana negli stadi iniziali della sua esistenza. Esse sono giunte a conoscere meglio le strutture biologiche dell’uomo e il processo della sua generazione. Questi sviluppi sono certamente positivi e meritano di essere sostenuti, quando servono a superare o a correggere patologie e concorrono a ristabilire il normale svolgimento dei processi generativi. Essi sono invece negativi, e pertanto non si possono condividere, quando implicano la soppressione di esseri umani o usano mezzi che ledono la dignità della persona oppure sono adottati per finalità contrarie al bene integrale dell’uomo.

Il corpo di un essere umano, fin dai suoi primi stadi di esistenza, non è mai riducibile all’insieme delle sue cellule. Il corpo embrionale si sviluppa progressivamente secondo un “programma” ben definito e con un proprio fine che si manifesta con la nascita di ogni bambino.

Giova qui richiamare il criterio etico fondamentale espresso nell’Istruzione Donum vitae per valutare tutte le questioni morali che si pongono in relazione agli interventi sull’embrione umano: «Il frutto della generazione umana dal primo momento della sua esistenza, e cioè a partire dal costituirsi dello zigote, esige il rispetto incondizionato che è moralmente dovuto all’essere umano nella sua totalità corporale e spirituale. L’essere umano va rispettato e trattato come una persona fin dal suo concepimento e, pertanto, da quello stesso momento gli si devono riconoscere i diritti della persona, tra i quali anzitutto il diritto inviolabile di ogni essere umano innocente alla vita».

  1. 5. Quest’affermazione di carattere etico, riconoscibile come vera e conforme alla legge morale naturale dalla stessa ragione, dovrebbe essere alla base di ogni ordinamento giuridico. Essa suppone, infatti, una verità di carattere ontologico, in forza di quanto la suddetta Istruzione ha evidenziato, a partire da solide conoscenze scientifiche, circa la continuità dello sviluppo dell’essere umano.

Se l’Istruzione Donum vitae non ha definito che l’embrione è persona, per non impegnarsi espressamente su un’affermazione d’indole filosofica, ha rilevato tuttavia che esiste un nesso intrinseco tra la dimensione ontologica e il valore specifico di ogni essere umano. Anche se la presenza di un’anima spirituale non può essere rilevata dall’osservazione di nessun dato sperimentale, sono le stesse conclusioni della scienza sull’embrione umano a fornire «un’indicazione preziosa per discernere razionalmente una presenza personale fin da questo primo comparire di una vita umana: come un individuo umano non sarebbe una persona umana?». La realtà dell’essere umano, infatti, per tutto il corso della sua vita, prima e dopo la nascita, non consente di affermare né un cambiamento di natura né una gradualità di valore morale, poiché possiede una piena qualificazione antropologica ed etica. L’embrione umano, quindi, ha fin dall’inizio la dignità propria della persona.

E poi ancora in modo più specifico:

  1. 23. Accanto ai mezzi contraccettivi propriamente detti, che impediscono il concepimento a seguito di un atto sessuale, esistono altri mezzi tecnici che agiscono dopo la fecondazione, quando l’embrione è già costituito, prima o dopo l’impianto in utero. Queste tecniche sono intercettive, se intercettano l’embrione prima del suo impianto nell’utero materno, e contragestative, se provocano l’eliminazione dell’embrione appena impiantato.

Per favorire la diffusione dei mezzi intercettivi, si afferma talvolta che il loro meccanismo di azione non sarebbe sufficientemente conosciuto. È vero che non sempre si dispone di una conoscenza completa del meccanismo di azione dei diversi farmaci usati, ma gli studi sperimentali dimostrano che l’effetto di impedire l’impianto è certamente presente, anche se questo non significa che gli intercettivi provochino un aborto ogni volta che vengono assunti, anche perché non sempre dopo il rapporto sessuale avviene la fecondazione. Si deve notare, tuttavia, che in colui che vuol impedire l’impianto di un embrione eventualmente concepito, e pertanto chiede o prescrive tali farmaci, l’intenzionalità abortiva è generalmente presente.

Quando si constata un ritardo mestruale, si ricorre talora alla contragestazione, che viene praticata abitualmente entro una o due settimane dopo la constatazione del ritardo. Lo scopo dichiarato è quello di far ricomparire la mestruazione, ma in realtà si tratta dell’aborto di un embrione appena annidato.

Come si sa, l’aborto «è l’uccisione deliberata e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, compresa tra il concepimento e la nascita. Pertanto l’uso dei mezzi di intercezione e di contragestazione rientra nel peccato di aborto ed è gravemente immorale. Inoltre, qualora si raggiunga la certezza di aver realizzato l’aborto, secondo il diritto canonico, vi sono delle gravi conseguenze penali

Certamente come credenti siamo richiamati a vigilare e a prendere posizione con il coraggio e l’audacia di coloro che vogliono con tutti i modi possibili rendere ragione della speranza che ci è stata donata (1Pt 3,15)

 

Don Roberto dr. Valeri (assistente UCFI Milano)

ELLAONE E NORLEVO SONO PILLOLE ABORTIVE E SI POSSONO OBIETTARE

COMUNICATO DELLA PRESIDENZA NAZIONALE DEI FARMACISTI CATTOLICI

A seguito degli ultimi avvenimenti che hanno declassato la pillola del quinto giorno (Ellaone) da farmaco con ricetta non ripetibile (RNR) a farmaco non soggetto a ricetta medica (SOP) per le donne di età superiore a anni 18, si rende nota  la posizione della Presidenza Nazionale dell’UCFI (Farmacisti Cattolici) per fornire una interpretazione corretta e per dare la possibilità ai colleghi di riflettere sull’argomento.

I farmacisti cattolici contestano il meccanismo d’azione di ulipristal riportato nel foglio illustrativo del prodotto e cioè che inibisce o ritarda l’ovulazione, mentre non funziona se l’ovulazione si è già verificata. I Farmacisti Cattolici a fronte della documentazione scientifica esaminata da alcuni ginecologi sono convinti che ulipristal funzioni anche e soprattutto con meccanismo intercettivo nei confronti dell’embrione nelle sue primissime fasi fino ad impedirne l’annidamento in utero, meccanismo ascrivibile ad effetto chiaramente abortivo. Per verificare la parte scientifica si consiglia di visitare il sito www.sipre.eu del dott Mozzanega e di leggere gli articoli con le diapositive.

Poichè ulipristal è quindi certamente anche un potenziale abortivo la Presidenza Nazionale dei Farmacisti Cattolici ha deciso di non vendere il prodotto per non collaborare con un atto moralmente grave quale è quello di sopprimere una vita umana nelle prime fasi dopo il concepimento, ai sensi dell’articolo 9 della legge 194 del 78 e ai sensi della costituzione italiana (art 2 e 3) . Infatti la responsabilità morale dell’aborto ricade anche su coloro che collaborano e quindi c’è un problema di coscienza e la legge salvaguarda questo foro interno dando la possibilità di appellarsi alla clausola di coscienza.

Anche nel caso in cui non si sia del tutto convinti dell’effetto abortivo del farmaco, tuttavia in virtù di un ragionevole dubbio che possa esserci tale effetto, deve essere consentita la clausola di coscienza ai professionisti delle arti sanitarie per il principio di precauzione.

C’è già una legge specifica che dà la possibilità di non vendere la pillola potenzialmente abortiva del tutto legittimamente.

PRESIDENZA NAZIONALE UNIONE CATTOLICA FARMACISTI ITALIANI
DOTT PIERO URODA