Comunicato UCFI sull’ RU486 pubblicato su ” La Libertà” di Reggio E.

In analogia ad un recente comunicato della sezione di Reggio Emilia dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani, desidero aggiungere anche a nome dell’Unione Cattolica Farmacisti Italiani alcune brevi considerazioni di carattere tecnico-scientifico con particolare riguardo a commenti seguiti al comunicato del Vescovo S.E. Mons. Massimo Camisasca sull’utilizzo della RU486.

Vorrei innanzitutto ricordare che la legge 194 che ha introdotto in Italia l’interruzione volontaria di gravidanza – e della quale ciò che si riferisce alla RU486 è stato valutato essere un’estensione – prevede all’articolo 9 il diritto all’obiezione di coscienza. Dunque è lecito e tutelato il dissentire dalla pratica abortiva senza essere tacciati di alcunché: chi difende la 194 deve saper difendere anche questa parte della legge, altrimenti ne travisa i fondamenti.
Nello specifico dell’RU486, cioè dell’aborto farmacologico che si è recentemente deciso di estendere in day hospital, vorrei indurre una riflessione su un suo aspetto peculiare prima di considerarlo una moderna conquista: recentemente è stato rimosso il vincolo che imponeva il ricovero “dal momento dell’assunzione del farmaco fino alla verifica dell’espulsione del prodotto del concepimento” e quindi questa procedura medica, distinta in più fasi, prevede d’ora in poi che la donna attenda a domicilio – non in anestesia e quindi perfettamente cosciente – per un numero imprecisato di ore, anche giorni, il distacco e l’espulsione di quella che – non dimentichiamolo – è la sua piccola creatura priva di vita, evento di cui lei stessa deve visivamente accertarsi per constatare l’esito finale della pratica. In questo lungo periodo di tempo non le è lasciata la possibilità di fermare il processo qualora avesse un ripensamento poiché, non essendo previsto dal protocollo, l’iter risulta inarrestabile. Inoltre, se insorgessero complicanze ( emorragie, infezioni… effetti che in alcuni casi sono risultati letali) dovrebbe attivarsi da casa per essere urgentemente trasportata in ospedale, con tutti i problemi connessi. C’è da chiedersi: ma è un vero progresso questo?
Infine, un pericolo nascosto : quando una donna decide di abortire esercita una libertà individuale che di fatto si contrappone ad un diritto – non riconosciuto – del concepito di nascere, e lo Stato in questo la supporta offrendole ora una nuova via in day hospital che può essere colta come una semplificazione, ma dobbiamo ricordare  che spesso le conseguenze psicologiche di tale decisione rimangono impresse in lei in qualche misura ( chi se ne occupa da “addetto ai lavori” può confermarlo). Per tutto ciò, è importante che emerga che non si può dare per scontato che con l’utilizzo di una pillola, il cui effetto si verifica a casa, piuttosto che con un intervento medicalmente assistito, diminuisca il potenziale impatto dell’aborto sulla donna.

Cristiana Bodria
Consigliere Nazionale  dell’Unione Cattolica Farmacisti Italiani

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