Il Post-Covid: eventi avversi tardivi

(a cura di Marco GARZONIO e Giorgio LAMBERTENGHI DELILIERS)

Le Fondazioni AMBROSIANEUM e MATARELLI
invitano all’incontro

Giovedì 11 Febbraio, 2021 – ore 17,30

introduce e coordina
Giorgio Lambertenghi Deliliers
Presidente Fondazione Matarelli, Milano

Quando il coronavirus attacca… 

Il cuore e i polmoni: Gianfranco Parati

Prof. Ord. di Medicina Cardiovascolare, Univ. di Milano-Bicocca
Direttore Scientifico dell’Istituto Auxologico Italiano, IRCCS, Milano

Il cervello: Vincenzo Silani

Prof. Ord. di Neurologia, Univ. di Milano
Direttore U.O. Neurologia-Stroke Unit e Laboratorio Neuroscienze
Istituto Auxologico Italiano, IRCCS, Milano

La mente: Cristina Toni

Psichiatra, CM Visconti di Modrone, Milano
Istituto di Scienze del Comportamento De Lisio, Pisa

Per le disposizioni antiCovid in vigore, l’incontro sarà trasmesso in diretta streaming sul canale youtube (https://www.youtube.com/user/Ambrosianeum/featured)  e sulla pagina Facebook (https://www.facebook.com/FondazioneAmbrosianeum)

Alcune riflessioni sull’uso materiale biologico per la ricerca

In questi giorni si sta dibattendo a livello morale sulle ricerche e sperimentazioni derivanti dall’uso di tessuti fetali per la produzione di vaccini che servano a contrastare l’attuale pandemia da Covid-19. Anche la Congregazione per la Dottrina della Fede si è espressa con una nota il 21 dicembre 2020 “Nota sulla moralità dell’uso di alcuni vaccini anti-Covid-19

Già da tempo la riflessione morale si era espressa a livello di Magistero attorno alla questione della ricerca che utilizzi materiale biologico per arrivare a conseguire risultati importanti in campo medico.

E’ ad esempio il caso di un bel documento della Congregazione della Dottrina della Fede del 2008 Dignitas Personae  a firma del Cardinale Levada allora Prefetto della Congregazione.  Si annota in quel documento ai numeri 34-35:

  1. Per la ricerca scientifica e per la produzione di vaccini o di altri prodotti talora vengono utilizzate linee cellulari che sono il risultato di un intervento illecito contro la vita o l’integrità fisica dell’essere umano. La connessione con l’azione ingiusta può essere immediata o mediata, dato che si tratta generalmente di cellule che si riproducono facilmente e in abbondanza. Questo “materiale” talvolta viene commercializzato, talvolta è distribuito gratuitamente ai centri di ricerca da parte degli organismi statali che per legge hanno tale compito. Tutto ciò dà luogo a diversi problemi etici, in tema di cooperazione al male e di scandalo. Conviene pertanto enunciare i principi generali, a partire dai quali gli operatori di retta coscienza possono valutare e risolvere le situazioni in cui eventualmente potrebbero essere coinvolti nella loro attività professionale. 

    Occorre ricordare innanzitutto che la stessa valutazione morale dell’aborto «è da applicare anche alle recenti forme di intervento sugli embrioni umani che, pur mirando a scopi in sé legittimi, ne comportano inevitabilmente l’uccisione. È il caso della sperimentazione sugli embrioni, in crescente espansione nel campo della ricerca biomedica e legalmente ammessa in alcuni Stati… L’uso degli embrioni o dei feti umani come oggetto di sperimentazione costituisce un delitto nei riguardi della loro dignità di esseri umani, che hanno diritto al medesimo rispetto dovuto al bambino già nato e ad ogni persona» .Queste forme di sperimentazione costituiscono sempre un disordine morale grave.

  1. Una fattispecie diversa viene a configurarsi quando i ricercatori impiegano “materiale biologico” di origine illecita che è stato prodotto fuori dal loro centro di ricerca o che si trova in commercio. L’Istruzione Donum vitae ha formulato il principio generale che in questi casi deve essere osservato: «I cadaveri di embrioni o feti umani, volontariamente abortiti o non, devono essere rispettati come le spoglie degli altri esseri umani. In particolare non possono essere oggetto di mutilazioni o autopsie se la loro morte non è stata accertata e senza il consenso dei genitori o della madre. Inoltre va sempre fatta salva l’esigenza morale che non vi sia stata complicità alcuna con l’aborto volontario e che sia evitato il pericolo di scandalo.

Queste note riassumo al loro interno anche la rilfessione precedente della congregazione (Donum Vitae I,4) e del magistero pontificio di san Giovanni Paolo II (Evangelium Vitae 62-63) oltre alle riflessioni portate avanti dalla Pontificia Accademia per la Vita.

Il problema della sperimentazione è venuto a porsi in maniera più acuta in questi tempi per le denunce sul traffico dei feti abortiti, sia a fini industriali  per la produzione di cosmetici, sia come cessione di materiale da esperimento per la produzione di farmaci[1].

Le distinzioni più rilevanti da un punto di vista etico sono quelle riguardanti il fine degli interventi sul feto; il fine può essere di pura sperimentazione biologica, di sperimentazione terapeutica o con intenti terapeutici, a scopo di prelievo dei tessuti per la cura di altre persone malate. Inoltre, è ancora più rilevante, è la distinzione sulla condizione del feto; se vivo, viabile o non, o morto, morto per aborto spontaneo o per l’interruzione volontaria della gravidanza.

Per quanto riguarda i feti morti, la qual cosa va accertata, occorre certamente sottolineare la differenza fra feti da aborto spontaneo o volontario. Nel secondo caso, e ciò è risaputo dai ricercatori, una utilizzazione da parte di questi di per sé, di per sé potrebbe essere lecita quando non ci fosse nessuna connessione di accordi previ e di condivisione dell’aborto ed escluda qualsiasi giustificazione dell’aborto stesso. Anche se questa non connessione non è facile da sostenere: l’aborto viene spesso eseguito ad hoc e quindi alla fine dell’intervento il feto può essere ancora vivo anche se non viabile. Per di più si rischia di incoraggiare la pratica (ratio scandali) e anche in considerazione della necessità di richiedere il consenso alla madre.[2]

Nel caso di feti provenienti da aborti spontanei, oltre all’accertamento della morte, occorrerà il consenso dei genitori o della madre, dovrà essere escluse ogni forma di speculazione o anche di compenso di tipo commmerciale, ci dovrà essere un prevedibile vantaggio da tali ricerche sul paino umano, in vista dello studio della malattia.

Da parte della Chiesa Cattolica si può ricordare la “Proposta di impegno etico per i ricercatori in ambito biomedico” pubblicata al termine della IX Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita dedicata al tema “Etica della ricerca biomedica per una visione cristiana” (24-26 febbraio 2003) dove si riassumono i principali nodi etici da sottoscrivere tra cui si legge:

– Riconosco che la scienza e la tecnologia devono essere a servizio della persona umana, nel pieno rispetto della sua dignità e dei suoi diritti.

– Riconosco e rispetto ogni tipo di ricerca, e le sue applicazioni, che sia basato sul principio di “bontà morale”, riferito alla corretta visione della duplice dimensione corporale e spirituale dell’uomo.

– Riconosco che ad ogni essere umano, fin dal primo momento della sua esistenza (processo di fertilizzazione) e fino alla sua morte naturale, va garantito il rispetto pieno ed incondizionato che è dovuto ad ogni persona umana, a ragione della sua peculiare dignità.

Dott Don Roberto Valeri, teologo

 

 

[1] Ad esempio: R.Colombo, La vulnerabilità nella ricerca biomedica. Il caso dell’Ebrione umano, in Vial Correa-Sgreccia (a cura di), Etica della ricerca biomendica per una visione cristiana, Atti della nona Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita (Città del Vaticano, 24-26 febbraio 2003), pp. 217-244,  per una visione esaustiva: E.Sgreccia, Manuale di Bioetica, Vol.I Fondamenti di etica biomedica, Milano 20073, 797-802

[2] A.G. Spagnolo, L’inevitabile complicità nel trapianto di tessuti fetali da aborti volontari, in «L’Osservatore Romano», 28 gennaio 1995

Journal of Hepatology

A seguito della recente pubblicazione su una delle più importanti riviste scientifiche mondiali (Journal of Hepatology) di un articolo del prof Bruno Mozzanega si potrebbe ipotizzare una possibile epatotossicità anche con  somministrazioni sporadiche di  UPA 30 mg, la pillola del quinto giorno. Per accertare tale possibilità sarebbero auspicabili ulteriori indagini mirate allo scopo. Si offre la possibilità di leggere l’articolo in lingua inglese e la sua traduzione in lingua italiana messa a disposizione dal professor Mozzanega.

Leggi l’articolo originale in inglese >
Leggi l’articolo tradotto in italiano >

Comunicato UCFI sull’ RU486 pubblicato su ” La Libertà” di Reggio E.

In analogia ad un recente comunicato della sezione di Reggio Emilia dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani, desidero aggiungere anche a nome dell’Unione Cattolica Farmacisti Italiani alcune brevi considerazioni di carattere tecnico-scientifico con particolare riguardo a commenti seguiti al comunicato del Vescovo S.E. Mons. Massimo Camisasca sull’utilizzo della RU486.

Vorrei innanzitutto ricordare che la legge 194 che ha introdotto in Italia l’interruzione volontaria di gravidanza – e della quale ciò che si riferisce alla RU486 è stato valutato essere un’estensione – prevede all’articolo 9 il diritto all’obiezione di coscienza. Dunque è lecito e tutelato il dissentire dalla pratica abortiva senza essere tacciati di alcunché: chi difende la 194 deve saper difendere anche questa parte della legge, altrimenti ne travisa i fondamenti.
Nello specifico dell’RU486, cioè dell’aborto farmacologico che si è recentemente deciso di estendere in day hospital, vorrei indurre una riflessione su un suo aspetto peculiare prima di considerarlo una moderna conquista: recentemente è stato rimosso il vincolo che imponeva il ricovero “dal momento dell’assunzione del farmaco fino alla verifica dell’espulsione del prodotto del concepimento” e quindi questa procedura medica, distinta in più fasi, prevede d’ora in poi che la donna attenda a domicilio – non in anestesia e quindi perfettamente cosciente – per un numero imprecisato di ore, anche giorni, il distacco e l’espulsione di quella che – non dimentichiamolo – è la sua piccola creatura priva di vita, evento di cui lei stessa deve visivamente accertarsi per constatare l’esito finale della pratica. In questo lungo periodo di tempo non le è lasciata la possibilità di fermare il processo qualora avesse un ripensamento poiché, non essendo previsto dal protocollo, l’iter risulta inarrestabile. Inoltre, se insorgessero complicanze ( emorragie, infezioni… effetti che in alcuni casi sono risultati letali) dovrebbe attivarsi da casa per essere urgentemente trasportata in ospedale, con tutti i problemi connessi. C’è da chiedersi: ma è un vero progresso questo?
Infine, un pericolo nascosto : quando una donna decide di abortire esercita una libertà individuale che di fatto si contrappone ad un diritto – non riconosciuto – del concepito di nascere, e lo Stato in questo la supporta offrendole ora una nuova via in day hospital che può essere colta come una semplificazione, ma dobbiamo ricordare  che spesso le conseguenze psicologiche di tale decisione rimangono impresse in lei in qualche misura ( chi se ne occupa da “addetto ai lavori” può confermarlo). Per tutto ciò, è importante che emerga che non si può dare per scontato che con l’utilizzo di una pillola, il cui effetto si verifica a casa, piuttosto che con un intervento medicalmente assistito, diminuisca il potenziale impatto dell’aborto sulla donna.

Cristiana Bodria
Consigliere Nazionale  dell’Unione Cattolica Farmacisti Italiani

Contraccezione di Emergenze: si, no, perché

“Contraccezione d’emergenza. sì, no, perché”
numero di Giugno 2020 Bioetica News Torino

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I. Dispositivi e farmaci per la contraccezione d’emergenza: tipi e meccanismi d’azione. Parte II

di MARIANGELA PORTA

 

Consigliamo la lettura di questo articolo >

Rosario del Papa per chiedere aiuto contro Covid, tra i 100 presenti anche un farmacista

Roma, 4 giugno – Tutti hanno ancora negli occhi e nel cuore l’immagine di Papa Francesco che, unica presenza umana in una Piazza San Pietro drammaticamente deserta e bagnata dalla pioggia (nella foto), pregava il Signore per ottenere l’aiuto necessario per superare l’epidemia di Covid: era il 27 marzo e la malattia infuriava nel nostro Paese, in quei giorni al centro della preoccupata attenzione del mondo intero, dove poi il coronavirus ha finito per dilagare contagiando quasi sei milioni di persone e provocando più di 360 mila morti.

A quell’immagine – che nessuno potrà mai cancellare dalla memoria – se ne affianca ora un’altra, quella dello stesso  Pontefice che,  davanti alla statua della Vergine Maria collocata nella Grotta di Lourdes dei Giardini Vaticani, rivolge un’analoga preghiera alla Madre di Gesù, colei alla quale i credenti ricorrono per chiedere  aiuto e protezione soprattutto quando l’ombra della morte e del dolore si allungano sull’umanità. Questa volta, però, il Papa non era più solo: accanto a lui c’erano infatti (nel pieno rispetto delle regole di distanziamento previste dall’emergenza) un centinaio di fedeli appositamente invitati per l’occasione, più le centinaia e centinaia di milioni che seguivano l’evento, trasmesso in mondovisione in ogni angolo del pianeta.

È accaduto il 30 maggio scorso, in occasione del Santo Rosario presieduto da Papa Francesco, uno speciale momento di preghiera mondiale promosso dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione in collegamento con i principali santuari mariani del mondo, tra i quali Lourdes, Fatima, San Giovanni Rotondo, Pompei e Częstochowa in Europa, l’Immaculate Conception di Washington negli USA,  i santuari  di Elele (Nigeria) e di Notre-Dame de la Paix (Costa d’Avorio) in Africa e quelli di Nostra Signora di Guadalupe (Messico), di Chiquinquira (Colombia), di Lujan e di Milagro (Argentina) nel Sud America, le cui immagini scorrevano su un maxischermo allestito vicino alla Grotta.

Le decine del rosario sono state affidate a uomini e donne che rappresentano le varie categorie colpite dal virus o impegnate ad arginarlo: un medico e un’infermiera, in rappresentanza del personale sanitario in prima linea nella lotta alla pandemia; una persona guarita dal Covid-19 e una che invece ha perduto uno stretto congiunto colpito dalla malattia; un farmacista e una giornalista, a rappresentare chi ha continuato a svolgere il suo prezioso servizio a favore degli altri senza mai fermarsi; un volontario della Protezione civile, testimonial del generoso e per fortuna vasto mondo del volontariato e, infine, una giovane coppia cui è nato un bambino proprio durante la pandemia, in rappresentanza di tutti i bambini venuti al mondo, segno di speranza e della vittoria della vita sulla morte.

L’appuntamento ha segnato la fine del mese mariano e ha voluto essere un ulteriore segno di vicinanza e consolazione per quanti, in vari modi, sono stati colpiti dal coronavirus: RIFday ritiene di doverne dare conto perché – come appena riferito – tra i circa 1000 selezionati ospiti della celebrazione, c’era anche un farmacista, indicato dall’Ucfi, l’Unione cattolica dei farmacisti italiani,  in rappresentanza dell’intera comunità professionale.  Si tratta di Francesco Scarpino, 46 anni,  farmacista collaboratore iscritto all’Ordine di Roma, già per anni volontario della Caritas, che ha così avuto la possibilità di vivere un’esperienza davvero irripetibile  anche in ragione della straordinarietà del momento vissuto dall’umanità, recitando il rosario insieme al Santo Padre e ascoltando la preghiera rivolta alla Madre di Dio che lo stesso pontefice ha scritto per l’occasione:  O Maria, Consolatrice degli afflitti, abbraccia tutti i tuoi figli tribolati e ottieni che il Padre Misericordioso intervenga con la sua mano onnipotente per liberarci da questa terribile pandemia, in modo che la vita possa riprendere in serenità il suo corso quotidiano. Ci affidiamo a Te, che risplendi sul nostro cammino come segno di salvezza e di speranza, o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria.

Una preghiera  che probabilmente, il dottor Scarpino, farmacista in Roma, ricorderà per sempre. Così come molto probabilmente ricorderà che a fare da cornice alla celebrazione del rosario cui ha avuto il privilegio di partecipare da protagonista non c’era il cielo plumbeo del 27 marzo, ma una luce dorata che, facendosi strada tra le nuvole, illuminava i Giardini Vaticani. Un particolare (la suggestione è inevitabile e irresistibile) forse non casuale né privo di significato.

 

link dell’articolo: https://www.rifday.it/2020/06/04/rosario-del-papa-per-chiedere-aiuto-contro-covid-tra-i-100-presenti-anche-un-farmacista/

Incontro U.C.F.I. nell’Abbazia di Maguzzano

Domenica 5 luglio 2020

Incontro U.C.F.I. nell’Abbazia di Maguzzano (Lonato- BS)

Programma:

  • ore 11.30 raduno
  • ore 12.00 Santa Messa
  • ore 13.00 pranzo
  • ore 14.30 assemblea
  • ore 16.45 conclusione

Confermare la presenza a don Marco (‭+39 335 6678184) entro il 30 giugno. L’incontro è aperto anche ai familiari. Chi volesse pernottare può chiedere la disponibilità in Abbazia (030-9130182) oppure nelle strutture dei dintorni.

Contro l’abominevole battaglia per incentivare l’aborto con il pretesto della pandemia

In questo momento di emergenza sanitaria è in corso un abominevole attacco alla vita da parte di alcune associazioni abortiste, quali Non una di meno, LAIGA, Pro-Choice, AMICA, Vita di Donna Onlus, la CGIL, diverse ONG internazionali, tra cui Amnesty International, Human Right Watch e la rete europea di Planned Parenthood, oltre che da politici di sinistra, in primis Roberto Saviano, Laura Boldrini, Valeria Fedeli, Livia Turco, Marco Cappato, nonchè personaggi dello spettacolo e intellettuali legati all’ideologia progressista radicale. Costoro, col pretesto degli ospedali saturi a causa del Covid19, mirano a modificare le linee guida per la somministrazione della pillola abortiva Ru486. In pratica vorrebbero, con provvedimenti regionali, de-ospedalizzare l’aborto farmacologico che attualmente prevede tre giorni di ricovero, autorizzando la procedura nei consultori e negli ambulatori e spostando il limite per la somministrazione dalle 7 settimane di gravidanza attuali a 9. Ricordiamo che la Ru486 non è propriamente un farmaco ma un pesticida umano, in quanto non cura nulla, visto che la gravidanza non è una malattia, ma sopprime bambini nel grembo materno. Non solo, ma è un dispositivo a due fasi: La madre, quindi, in un consultorio o in un ambulatorio prenderà la prima pillola che ucciderà suo figlio nel grembo e le verrà consegnata l’altra pillola che assumerà a casa e le farà espellere il bambino. Ma come? I radicali e la Bonino non avevano combattuto estenuanti battaglie per far terminare gli aborti in casa che causavano la morte anche delle mamme? E adesso invece chiedono un ritorno al passato? Questi esperti da divano, si rendono conto di quanto sia pericolosa per la salute delle donne la pillola Ru486 ? Ferma restando la condanna di ogni tipo di aborto, analizziamo nel dettaglio i vari aspetti della questione. Il primo aspetto riguarda l’idea di incrementare il ritorno al privato, alla clandestinità, all’aborto faida-te, aumentando il peso psicologico nell’assumere la pillola abortiva, addirittura contro la stessa idea con cui il fronte abortista spinse i legislatori dell’epoca a redigere l’iniqua legge 194/78, con l’apparente intento di socializzare il problema dell’aborto e di sottrarlo alla clandestinità. Ci rendiamo dunque conto che tale obiettivo costituiva un mero specchietto per le allodole al fine di far approvare una legge che un giorno avrebbe permesso loro di richiedere proprio l’aborto fai-da-te che in principio rigettavano. Il secondo aspetto riguarda i rischi connessi all’assunzione di Ru486. La mortalità causata dalla Ru486 è 10 volte superiore all’aborto chirurgico (New England Journal 2005). Le morti finora accertate per aborto chimico da Ru486 sono 40, di cui una avvenuta all’Ospedale Martini di Torino. Dopo l’espulsione del suo bambino la donna potrebbe inoltre incorrere in spotting e sanguinamenti per diverse settimane. I sanguinamenti si concludono, in media, nell’arco di 9-16 giorni. L’8% delle donne sanguina per più di 30 giorni e l’1% richiede ricovero in ospedale a causa delle eccessive emorragie. Talvolta, a causa del fallimento della procedura medica abortiva, si deve ricorrere all’aborto chirurgico. I fallimenti sono del 5% a 7 settimane di gravidanza; a 8 settimane sale il tasso di insuccesso, 8%. A 9 settimane si sale al 10%, (come si può vedere il rischio di eventi avversi cresce con l’avanzare della gravidanza). Altri effetti collaterali dell’aborto chimico sono dolori addominali, nausea, vomito, diarrea, cefalea. Tra le cause di morte associate all’assunzione della Ru486 ci sono infezioni batteriche letali: quella da Clostridium Sordellii, da Clostridium Septicum, da Clostridium Perfringens e da Streptococco. Il terzo aspetto riguarda il fatto che chi abortisce a casa con la pillola Ru486 ed ha una metrorragia abbondante o un aborto incompleto deve correre subito al Pronto Soccorso per la revisione della cavità uterina. Ciò non solo comporterà (aggravati) i rischi di contagio per il Covid-19 che si volevano pretestuosamente evitare, ma anche la violazione dei diritti basilari all’obiezione di coscienza garantiti dalla stessa legge 194. Il quarto aspetto riguarda le conseguenze psicologiche a cominciare dal grande senso di colpa dovuto al fatto che la mamma fa tutto da sola. E’ lei stessa che ingoia la pillola che ucciderà il suo bambino. E’ lei che deve vivere nell’attesa della sua espulsione. E’ lei che (come riportato dal British Medical Journal, nel 56% dei casi) vede l’embrione espulso, che ha già una fisionomia umana ben distinguibile. Per questo i sintomi della Sindrome Post Aborto si evidenziano fin da subito, con incubi, ricordi e pensieri intrusivi legati all’esperienza vissuta, compreso l’aumento dei tentativi di suicidio. Il quinto aspetto riguarda il fatto che con l’aborto chimico tramite Ru486 viene bypassato l’obbligo previsto dalla legge 194/78 dei 7 giorni di riflessione, dopo che alla mamma viene consegnato il certificato di aborto. Infatti con l’aborto chimico tramite Ru486 diviene più complicato rispettare i tempi di legge che impongono una settimana di attesa tra il nulla osta rilasciato dal primo medico e l’atto materiale dell’aborto procurato. L’aborto chimico può essere praticato entro un termine piuttosto stretto, pari a 63 giorni di amenorrea, cioè dall’ultima mestruazione. Questo significa che, considerando che la donna solitamente scopre di essere incinta dopo 33 giorni dall’ultima mestruazione, ne restano altri 30 per praticare l’aborto chimico. Sottraendo la settimana di attesa imposta dalla legge 194/78, risulta che dal momento in cui la donna scopre di essere incinta, ha circa 20 giorni di tempo abortire con la Ru486. Tempi così stretti potrebbero indurre il medico alla tentazione di forzare la procedura o dichiarando con un falso ideologico e materiale la sussistenza di una urgenza al solo scopo di non dover rispettare la settimana di attesa, oppure a sforare il limite del 63° giorno della scheda tecnica, tanto è vero che le attuali proposte vanno proprio nella sciagurata direzione di aggiungere altre due settimane al termine in cui si può usare il mifepristone (Ru486). Il sesto e ultimo aspetto riguarda il fatto che una volta che si porta l’aborto chimico a domicilio, la mamma, che spesso si pente della decisione intrapresa, non ha più la possibilità di tornare indietro. C’è un metodo che si chiama: Abortion Pill Rescue, messo in pratica da una rete di professionisti sanitari, tramite il quale è possibile contrastare gli effetti della pillola abortiva. Il medico George Delgado, fondatore di Abortion Pill Rescue, ha pubblicato nei primi mesi del 2018 uno studio con altri sei specialisti, in cui spiega che la procedura abortiva a base di mifepristone è stata bloccata e invertita con successo nel 64% dei casi, attraverso la somministrazione intramuscolare di progesterone e nel 68% dei casi somministrandolo per via orale, concludendo che l’uso a tale scopo del progesterone si è rivelato «sicuro ed efficace». E’ evidente che questa procedura di emergenza non sarà praticabile nel caso di aborto farmacologico a domicilio. E’ quindi vergognoso e abominevole che proprio nell’ora del massimo sforzo per arginare una pericolosa epidemia e salvaguardare quante più vite possibili, ci si accanisca perché migliaia di bambini non vedano la luce. La richiesta delle realtà abortiste e radicali per liberalizzare ulteriormente l’IVG e sdoganare l’aborto farmacologico e casalingo appare ancora più paradossale e squallida di fronte all’eroismo di tanti medici (a metà aprile sono più di 110) e personale infermieristico che hanno perso la vita per curare persone ammalate di Covid-19. Siamo sottoposti a una manipolazione mediatica e psicosociale, che pretende di garantire i diritti delle donne, senza tutelarne la salute fisica e psicologica, ma preferendo occultare la sciagura dell’aborto, confinandolo nel privato delle mura domestiche, lavandosi doppiamente le mani dalla tragedia, che coinvolge due esseri umani: il bimbo e sua madre.

  1. Ora et Labora in difesa della Vita
  2. Famiglia Domani
  3. Confederazione dei Triarii
  4. TeleMaria
  5. Movimento con Cristo per la Vita Ancona
  6. Nova Civilitas
  7. 7.Associazione Tradizione Famiglia Proprietà
  8. Himmel Associazione
  9. Comitato Beato Miguel Agustin Pro sacerdote e martire
  10. Popolo della Famiglia
  11. Gruppo Apostoli del Cuore Immacolato di Maria
  12. Militia Christi
  13. Associazione culturale Katyn
  14. Progetto Angelica ProVita
  15. Città e Famiglia
  16. Universitari per la Vita
  17. Via Verità e Vita
  18. Comitato Famiglia e Vita
  19. Congregazione Templari di San Bernardo, Priorato Cattolico d’Italia
  20. BranCo branca comunitaria ONLUS
  21. Associazione di Psicologi e Psicoterapeuti Nostra Signora di Guadalupe
  22. UGC Pavia
  23. Sodalizio Pio XII Pavia
  24. Amicizia San Benedetto Brixia
  25. Sicilia Risvegli Onlus
  26. Movimento con Cristo per la Vita
  27. Movimento mariano “Regina dell’Amore”
  28. Associazione Nazaret il Germoglio dei Figli del Divino Amore onlus
  29. Figli del Divino Amore
  30. Noi per la Famiglia
  31. Gruppo divina misericordia di Cerveteri
  32. Divina Provvidenza di Genova
  33. … lega con noi …
  34. Famiglie Numerose Cattoliche
  35. Caritas in Veritate
  36. Giuristi per la Vita
  37. Presidenza Nazionale Unione Cattolica Farmacisti Italiani all’unanimità 
  38. Centro di aiuto alla vita “Santa Gianna Beretta Molla ” di Cava de’ Tirreni (SA)
  39. Fondazione Novae Terrae
  40. Movimento per la Vita Val Cavallina
  41. Associazione LIFE – Libertà Famiglia Educazione
  42. Forza Nuova
  43. Club Forza Silvio Modena Libera
  44. Brescia Veritas
  45. FattiSentire.org Bologna
  46. Movimento per la Vita Bergamo
  47. Servizio di aiuto alla Vita di Cavezzo
  48. “Padre Gabriele” Associazione Onlus
  49. Associazione Camelot
  50. Comunione Tradizionale
  51. Soldati del Re
  52. Controrivoluzione
  53. Italia Cristiana
  54. Umanitaria Padana Onlus
  55. Pro Vita & Famiglia
  56. CAV di Loreto ”L’ascolto”
  57. Movimento per la Vita di Fano
  58. Movimento per la Vita di Biella
  59. Federvita Piemonte
  60. Movimento per la Vita di Venezia Mestre- Odv
  61. Centro di aiuto alla Vita – via Sesia 20, Torino
  62. Centro di aiuto alla Vita di Ragusa

 

Articolo originale: https://soldatidelre.it/contro-labominevole-battaglia-per-incentivare-laborto-con-il-pretesto-della-pandemia/