Incontro U.C.F.I. nell’Abbazia di Maguzzano

Domenica 5 luglio 2020

Incontro U.C.F.I. nell’Abbazia di Maguzzano (Lonato- BS)

Programma:

  • ore 11.30 raduno
  • ore 12.00 Santa Messa
  • ore 13.00 pranzo
  • ore 14.30 assemblea
  • ore 16.45 conclusione

Confermare la presenza a don Marco (‭+39 335 6678184) entro il 30 giugno. L’incontro è aperto anche ai familiari. Chi volesse pernottare può chiedere la disponibilità in Abbazia (030-9130182) oppure nelle strutture dei dintorni.

Il morire filiale, identità e speranza. Affidamento e pienezza di libertà del Cristiano “ad limina” della vita.

  1. Esistere ad «immagine e somiglianza» del Figlio crocifisso:

 

Gli interventi del professor Real Tremblay[1] a favore della riflessione morale sono molteplici e mostrano  una feconda sintesi sull’antropologia filiale cristocentrica[2].

Lo studio di Tremblay[3] riflette sull’attuale e sempre discusso rapporto tra Cristo e la morale sostenuto in modo esplicito dal Concilio Vaticano II (Gaudium et Spes 22; Optatam totius 16), mettendo anche in evidenza la pertinenza dell’intervento magisteriale[4] e  l’oggetto specifico di tale intervento[5].

La sua proposta ha il pregio, oltre al valore antropologico, di mostrare la necessità di tale servizio del magistero, soprattutto in un periodo di forte pluralismo talvolta contraddittorio. Superando in questo modo la resa di fronte alla frammentarietà veritativa e mettendo in evidenza l’orizzonte cristologico nel quale l’humanum si situa.

Le prospettive sottolineate da Tremblay nella rilettura della Veritatis Splendor[6], evidenziano il valore dell’antropologia illuminata dalla cristologia, facendola così diventare realmente una proposta valida per tutti ma con un compito specifico, profetico,  per il cristiano che ne è il custode.

Mettendo in evidenza come  la creazione è il primo atto salvifico di Dio a riguardo dell’uomo e come questo  acquista consistenza definitiva nella cristologia, pone la questione dell’origine di Gesù e della natura dell’uomo a partire dall’esperienza pasquale, e mostra così il valore della dimensione filiale del Cristo, una traccia che contraddistinguerà anche l’essere dell’uomo e la sua ricerca di felicità in modo persistente.[7]

Lo stesso decalogo (Es 20,1-17; Dt 5,6-21), patto di Alleanza tra Dio è l’uomo, contiene elementi che sono costitutivi dell’alleanza tra Dio e l’umanità dopo l’esperienza del diluvio purificatore (Gn 9,8-9) con riflessi specifici sull’humanum: l’uomo è l’interlocutore privilegiato di Dio,  e possiede una dignità straordinaria,  la cui radice è a livello della creazione (Gn 1,27) e si proietta verso la redenzione (Ef 1,5). La relazione tra Dio e l’uomo diventa in questo modo una relazione ontologica, superando definitivamente qualsiasi riduzionismo che vorrebbe relegarla solo all’ambito giuridico contrattuale.

Elementi che vengono evidenziati dall’incarnazione di Gesù messi in risalto dal Concilio di Calcedonia (451) da cui emerge la domanda che i Padri si sono posti: chi è veramente l’uomo? I Padri hanno così evitato i rischi del nestorianesimo e del monofisismo, entrambi svilenti per la consistenza antropologica;[8]la cui ricchezza  è invece dilatata dalla identità filiale.[9]

La Chiesa ha sempre cercato di trovare punti di appoggio alla sua proposta antropologica nell’identità divina del Risorto, e riflettendo sull’origine divina di Gesù, «vero uomo e vero Dio» su cui la resurrezione getta una luce rivelatrice, ha trovato il fondamento al proprio argomentare .[10]

La fede di San Paolo espressa nell’inno di provenienza liturgica inserito nella lettera ai Filippesi (Fil 2,6-11), è paradigmatica da questo punto di vista: la preesistenza del Cristo è li supposta: colui che era «in condizione di Dio» ha accettato di «divenire». Si stabilisce così una correlazione tra la glorificazione data al termine e l’esistenza del Cristo in Dio dal lato della sua origine. Cristo è «omega» poiché è «alfa», spiega Tremblay nella sua proposta antropologica: Sul piano della redenzione Cristo è immagine dell’uomo nuovo (omega), poiché in principio, sul piano della creazione (alfa), era in Dio, l’immagine del  primo uomo.[11]

Questa prospettiva si amplifica considerevolmente nelle Lettere ai Colossesi e agli Efesini mostrando come Cristo porta a compimento l’antica Sapienza, il progetto di Dio: la sapienza fondata «dal principio».[12]

Tremblay mostra come in San Giovanni e in San Paolo, nella splendida cristologia degli Inni di Efesini, Filippesi e Colossesi, Gesù riveli la propria identità , la sua origine filiale, risalendo al Padre «dove era prima». Siamo al culmine della cristologia e dell’antropologia neotestamentaria.

Per comprendere appieno l’identità di Gesù occorre dunque risalire al prima (Gv 6,62; 17,5).[13]

Di conseguenza l’uomo è epifania del Figlio per mezzo di una vita rivolta «verso l’alto», maturando un atteggiamento di desiderio di realizzazione del proprio fine, che consisterà in modo sempre più chiaro nell’adesione all’identità filiale.

Emerge così la prospettiva di un Padre che non è «concorrente», ma nella cui Paternità si riflette la traccia filiale dell’uomo: a livello della sua costituzione nativa, l’uomo scopre la legge naturale filiale, il logos,  che lo conduce a rinsaldare il legame fra Dio e l’uomo.[14]

L’uomo e Dio, in questo modo, rileva Tremblay, non si oppongono ma si intrecciano in una misteriosa pericoresi.

Tutta la creazione viene segnata dal misterioso progetto di Dio: dalla sua elevazione sulla Croce (Gv 3,14; 12,32) egli si è manifestato Padre all’origine di tutto, e, pensato nel suo essere figlio nel Figlio, l’uomo è richiamato alla propria verità.[15]

L’uomo nell’atto creatore di Dio è pensato come figlio (Ef 1,5) in cui si evidenzia la dimensione dell’immagine e il suo valore ontologico (Gn 1,27) e  attraverso la fede ed il battesimo accetterà di divenire «figlio adottivo» (Gal 4,4-7; Rm 8,14-17); una trasformazione interiore che gli permetterà di chiamare Dio con  il nome di Padre e di agire in modo conseguente. L’uomo filializzato, attraverso lo Spirito si saprà amato dal Padre, come il Figlio, sempre, in qualsiasi condizione dell’esistenza  e imparerà a divenire discepolo di Colui che è Via Verità e Vita (Gv 14,6) e mostra in cosa consista la vera umanità. L’agire dell’uomo non è più guidato da nessuna eteronomia ma diviene l’espressione di ciò che egli stesso «è». In definitiva, l’uomo filializzato impara ad agire in modo filiale rispondendo a quanto scopre nella propria identità attraverso l’ausilio della ragione filiale.

 

  1. «Agere sequitur esse»: il permanere del figlio nella complessità della storia

 

Il modello filiale evidenzia la possibilità di fondare l’agire morale nella persona stessa del Figlio di Dio e questo mette in risalto come Cristo non sia da considerare solo sotto l’aspetto dell’imitazione, ma soprattutto dal punto di vista dell’ontologia che attraverso lo Spirito viene portata a compimento. Nella morale filiale la dogmatica e l’antropologia teologica fondano il rapporto di sequela che è proprio del discepolo cristiano.[16]

L’appello di Dio a vivere come figlio è inscritto nell’identità stessa dell’uomo. L’antropologia stessa viene identificata come «predisposizione» a ricevere il dono della filiazione per grazia di Cristo. La vita morale del cristiano appare allora come una risposta alla vocazione filiale: essa diviene per questa via, vita filiale.[17]

Occorre chiarire come l’agire dipende dall’essere anzitutto evidenziando che l’agire dipende sempre dall’identità dell’attore[18].

Questo principio si ritrova anche nella Scrittura: E’ la chiamata di Dio che introduce il popolo in una relazione filiale (Es 4,22) esigendo da esso che agisca secondo le «dieci parole» per poter permanere nell’Alleanza così come nel Nuovo Testamento l’agire del figlio, libero e differente da quello dello schiavo è possibile solo se si rimane nella Verità del Figlio (Gv 8). Nella morale paolina essa è strettamente legata alla dogmatica e all’antropologia dell’uomo nuovo, figlio adottivo chiamato a vivere in accordo con il Figlio morto e risorto[19].

Anche il magistero della Chiesa offre diversi spunti per illustrare l’assioma agere filii sequiur esse filii,. Secondo il pensiero di Veritatis Splendor il cammino secondo lo Spirito è reso «possibile dalla grazia che ci dona di possedere la piena libertà dei figli (Rm 8,21) e quindi di rispondere nella vita morale alla sublime vocazione di essere “figli nel Figlio”» (VS 18). L’Enciclica mette in luce la vocazione dell’uomo che è chiamato a divenire figlio nel Figlio e legando indissolubilmente l’antropologia  morale all’antropologia filiale. (VS 45).

Anche il Catechismo della Chiesa Cattolica presenta il  medesimo schema: In apertura della della terza parte viene citato S.Leone Magno che invita il cristiano a una retta condotta in forza della dignità divina che ha ricevuto da Cristo nella Chiesa: l’antropologia cristiana fonda la vita nuova nello Spirito. L’uomo, immagine di Dio, diventa «figlio di Dio»  acquisendo la capacità a di seguire l’esempio di Cristo (CCC 1709)[20].

La vita morale cristiana offre un fondamento per pensare a una scelta che qualifica essenzialmente e impegna la libertà di fronte a Dio. L’obbedienza della fede (Rm16,26), attraverso la quale l’uomo si abbandona «tutto a Dio liberamente, prestando “il pieno ossequio dell’intelletto e della volontà”» (DV 5)[21]. L’appello alla radicalità che Cristo offre al giovane ricco (Mt 19,21) implica una scelta fondamentale che orienterà tutta la propria esistenza. Si può evidenziare così il senso dell’opzione fondamentale[22]🙁VS 66) essa  consiste nella chiamata di Gesù al discepolo a perdere la sua vita per il Cristo e per il Vangelo (Mc 8,35) oppure nella ricerca della perla preziosa (Mt 13, 4-46).

Il discepolo che riconosce il valore di tale opzione non potrà certo dimenticare che essa si attualizza in scelte particolari che orientano l’uomo in un crescendo sempre maggiore capace di mettere in atto una modalità realmente profetica, in un dinamismo sempre più crescente che gli permette di divenire «figlio nel Figlio» nella complessità dell’esistenza. Un dinamismo che orienterà il credente ad accettare la «gloria» del Padre e a rifiutare in modo netto ogni forma di autoglorificazione che lo allontana dalla vita libera (Gv 8)[23]. L’opzione fondamentale del figlio consiste nell’entrare nel dinamismo filiale fondamentale del dono, che «si caratterizza per un duplice abbandono di sé […]: l’abbandono di sé a vantaggio della gloria di Dio e l’abbandono di sé a vantaggio dei fratelli, di preferenza più indifesi».[24]

Come si può dunque intendere, la morale filiale, in base al principio dell’agere  sequitur esse, evita di far cadere l’antropologia morale in una atomizzazione normativa, ma è in grado di fondare il tutto nell’identità dell’uomo[25]mettendo la ragione in grado di riconoscenere un impianto normativo[26] che nulla a che vedere con l’eternomia, superando così le divergenze tra i sostenitori dell’autonomia (A.Auer) o della teonomia morale (B. Stöckle)[27].

 

 

  1. La profezia nel dolore: la vita eucaristica

 

L’eucarestia plasma la vita del credente[28]: scrive il Papa nella Deus caritas est[29]: «A questo atto di offerta Gesù ha dato una presenza duratura attraverso l’istituzione dell’Eucarestia, durante l’Ultima Cena. Egli anticipa la sua morte e resurrezione donando già in quell’ora ai suoi discepoli nel pane e nel vino se stesso, il suo corpo e il suo sangue come nuova manna (Gv 6,31-33). Se il mondo antico aveva sognato che, in fondo, vero cibo dell’uomo –ciò di cui egli come uomo vive- fosse il Logos, la sapienza eterna, adesso questo luogo è diventato per noi nutrimento- come amore. L’eucarestia ci attira nell’atto ablativo di Gesù. Noi non riceviamo soltanto in modo statico il Logos incarnato, ma veniamo coinvolti nella dinamica della sua donazione» (DCE 13)

Questa lunga citazione ci evidenzia il rapporto esistente tra la celebrazione e la vita: la liturgia diventa etica (H.U.von Balthasar) e in modo particolare il vertice di ogni celebrazione si propone di divenire il principio unificante dell’esistenza filiale. Esistenza che è marcata dalla ragione filiale che si radica nel logos del Figlio.

L’atteggiamento del credente nelle diverse situazioni esistenziali,non muta ma permane, in una sorta di misteriosa pericoresi, legato al modo di essere del Figlio e S.Agostino nel suo commento al prologo del vangelo di Giovanni rende noto un assioma formidabile: «Ubi humilitas, ibi caritas»[30]: al massimo abbassamento del Figlio corrisponde il massimo dell’amore percebile dall’uomo, da cui ne riamane attratto.[31]

Il percepirsi attratto da questa estetica amorosa mette l’uomo nella condizione di vivere un dinamismo di identificazione con la Sorgente, ma un dinamismo reso possibile dal dono dello Spirito che dal Risorto tocca il cuore di ogni uomo e che lo conduce alla perfezione. Secondo la Regola di S.Benedetto il monaco raggiunge la propria felicità quando raggiunge la perfezione della carità e questa è possibile  attraverso la via dell’umiltà.[32]

La vita del credente, se vuole raggiungere la pace del cuore, ascolta le sue inquietudini, e si rende conto che queste conducono al «luogo» dove vengono ascoltate e risolte; questo luogo non è più solo desiderabile poiché attraverso l’incarnazione ora è realmente a disposizione. Se il vertice del piano salvifico di Dio risiede nell’atto supremo del dono di sé sulla croce, in quel luogo il cristiano ritrova se stesso. E’ proprio nell’umiltà radicale di Cristo che il cristiano fonda se stesso: «Cristo ha preso l’ultimo posto nel mondo –la croce- e proprio con questa umiltà radicale ci ha redenti e costantemente ci aiuta» (DCE 35). Il cristiano partecipa alla donazione di Cristo e diventa esso stesso dono: l’umiltà della croce rivela la via della sua completa realizzazione: nel dono di Cristo, radicale ed eucaristico, il discepolo ritrovando la propria identità, scopre la sua esistenza come dono, offerta, eucaristia.

Il dinamismo d’amore del Figlio spinge il cristiano verso il superamento del limite imposto dall’egocentrismo e lo immette in una realtà dialogica verso la realtà e verso l’altro ad immagine e somiglianza di Colui che per eccellenza ha offerto se stesso, divenendo Via e Vita poiché Verità[33] (Gv 14,2-6).

Il frutto di questo dono è la libertà, ultimo tratto della vita eucaristica del Figlio. Se la verità dell’Uomo-Dio si identifica con l’atto di offerta di sé nella croce, di cui l’Eucarestia ne anticipa e attualizza l’amore del Padre nel Figlio attraverso lo Spirito, ci troviamo di fronte all’estetica della verità che è straordinariamente verità per l’uomo in ogni momento della sua esistenza. Ogni uomo ritroverà se stesso nel dono di se, costantemente in una vita rivolta verso l’alto, e tutto ciò sarà possibile poiché ogni uomo che ascolta i gemiti del suo cuore, sollecitati dalla traccia filiale, non potrà non individuare, come solo in Cristo in realtà, questa ricerca trovi compimento[34]

Ancora il Papa nella Caritas in veritate[35] non esita a definire l’identità dell’uomo come filiale e mette in videnza che dall’antropologia dipende il valore dell’etica ribadendo implicitamente l’assioma scolastico agere sequitur esse.

L’identità per l’uomo è definita dal Papa in relazione alle categorie della immagine e della somiglianza. Citando al numero 45 il testo di Genesi 1,27 il Pontefice mette in luce il valore della dignità dell’uomo, il quale sul piano creazionale è in rapporto con il Creatore, un rapporto legato alla sua ontologia che si specifica in una antropologia dal concetto forte che gli permette di evitare ogni tipo di riduzionismo  da cui occorre difendersi. Questa identità, ricorda il Papa, al numero 54 è pensata nella mente di Dio, come relazionale (Gn 2,24; Mt 19,5; Ef 5,31) capace di non isolarsi e pensarsi in comunione con gli altri «figli» nella casa del Padre.

Tutto questo innerva i contenuti della solidarietà che non sono solo legati all’assolvimento di doveri encomiabili, ma riguardano l’essere, il «logos» inscritto come legge nel cuore dell’uomo.

A ben vedere se l’identità è data dalla realtà sostanziale dell’uomo (ontologia) e questa ha una comune radice in Dio che è Padre Figlio e Spirito, essa potrà qualificarsi come identità filiale, che riconosce nel Figlio il modello in cui Il Padre ha da sempre pensato l’uomo che attraverso lo Spirito diviene propriamente se stesso abbandonando ogni deriva. «L’unità nella carità di Cristo ci chiama tutti a partecipare in qualità di figli alla vita del Dio vivente, Padre di tutti gli uomini» (19)

Se l’uomo si percepisce attraverso l’ascolto del suo cuore pensato nella mente di Dio,  egli sa che la «la carità è amore ricevuto e donato. Essa è grazia (charis). La sua scaturigine è l’amore sorgivo del Padre per il Figlio nello Spirito Santo. E’ amore eucaristico che dal Figlio discende su di noi. E’ amore creatore, per cui noi siamo; è amore redentore per cui  siamo ricreati» (5). Ecco la verità nel quale l’uomo ritrovando se stesso come pensato da sempre come figlio, ad immagine e somiglianza del Figlio, diviene, attraverso lo Spirito un dono relazionale e scopre nell’altro il valore dell’immagine e della somiglianza disponendolo ad una vita e ad una morte che si riassume nel dono di sé: cioè che diventa eucaristia.[36]

 

Dr. Don Roberto Valeri

 

[1]  R.Tremblay è un Redentorista. Professore ordinario di teologia morale presso l’Accademia Alfonsiana (Roma) e docente incaricato presso la Pontificia università lateranense. La sua vasta area di ricerca è consultabile sul sito www.realtremblay.org

[2]Tra i molti contributi dell’autore evidenziamo: R.Tremblay, Radicati e fondati nel Figlio, Roma 1997

[3] R.Tremblay, Cristo e la morale in alcuni documenti del Magistero, Roma 1996, 7-10

[4]  «Si tratta di un intervento solenne del pastore supremo della Chiesa, in comunione con il Collegio Episcopale, che dichiara una verità attinente alla “fede e ai costumi” come appartenente alla dottrina insegnata infallibilmente dalla Chiesa. Certo la Chiesa non vive solamente  di questo tipo di interventi . C’è in effetti in essa un patrimonio dottrinale che supera largamente gli interventi di questo genere. Ma ci sono anche dei momenti nella vita della Chiesa in cui i pastori , in virtù della responsabilità che spetta loro per volere del Kyrios, sentono l’opportunità di assicurare i fedeli che un elemento fino ad allora vissuto pacificamente, ma rimesso in causa dalle controversie del momento, sicuramente appartiene alla fede cattolica.» in Id, 188

[5]  «Il secondo punto da precisare è l’oggetto di tale intervento solenne del Magistero Ecclesiale. Nel caso, non si tratta di un dato che riguarda la “fede” ma i “costumi”. Non si tratta di un dato che riguarda il mondo della grazia propriamente detto come potrebbe essere un elemento che appartiene immediatamente all’inedito escatologico cristallizzato nel “Discorso della montagna” per esempio, ma di un dato che concerne l’uomo in quanto tale.» in Id, 188-189

[6] Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Veritatis splendor del 6 agosto 1993

[7]  «Dall’escatologia si passa allora alla preesistenza e da questa alla protologia, movimento che si cristallizza per esempio nella doppia affermazione giovannea “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio” (Gv 1,1-2). E: “tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui niente è stato fatto” (Gv 1,3)» in Tremblay, Cristo e la morale, 189

[8]  Illuminanti a questo proposito le riflessioni che si trovano in: M.Hengel, Il Figlio di Dio. L’origine della cristologia e della  storia della regione giudeo-ellenistica, Brescia 1984, 140

[9]  «Abbandonandosi a questo dinamismo metafisico di apertura all’Altro, l’uomo diviene allora come l’espressione creazionale del Figlio, la sua manifestazione in abbozzo, sicuramente , ma non per questo meno reale.» in R.Tremblay, L’uomo epifania del Figlio , in Id, Radicati e fondati,52

[10] «Contrariamente alle apparenze forse, la questione e la sua risposta non era, agli occhi della Chiesa delle origini, un gioco da intellettuali da tavolino, ma uno sforzo del pensiero credente per rendere conto della pienezza dell’aspetto decisivo, definitivo della salvezza di Dio offerta in Gesù.» in R.Tremblay, Cristo e la morale, 191, nota 35

[11] «Inoltre alla coscienza escatologica della comunità primitiva, (…) corrisponde un certo interesse protologico. Solo chi dispone del principio possiede il tutto. Il principio doveva su questa base, venire illuminato dalla fine. L’idea della preesistenza era, alla fin fine, uno dei mezzi preferiti per evidenziare il peculiare valore salvifico di determinati fenomeni. (…). L’introduzione ricca di conseguenze, dall’idea di preesistenza nella cristologia scaturì così da una necessità interna. Eberhard Jüngel ha senza dubbio ragione quando da un punto di vista sistematico, esprime il seguente parere: “Si trattava di un fatto conseguente più che mitologico”. Con la preesistenza , comunque, prende forma piena anche l’enunciato riguardante l’invio. (…). Sulla base della preesistenza, così come avviene per la Sapienza in Ecclus 24, l’invio presuppone ora la discesa dalla sfera celeste, la riduzione alla dimensione umana e il farsi appuno uomo, come si dice nell’inno della lettera ai Filippesi.» in M.Hengel, Il figlio di Dio. L’origine della cristologia e della storia della religione giudeo-ellnistica, Brescia 1984  , 108-112

[12] «Una volta introdotto il concetto della preesistenza, era del tutto naturale che il Figlio di Dio innalzato assumesse anche la funzione propria della sapienza giudaica, di intermediario nell’opera di creazione e di salvezza. La stessa sapienza divina, preesistente ed associata in maniera singolare a Dio, non poteva essere riguardata come un’entità autonoma rispetto al Risorto ed Eletto, e come lui superiore , anzi tutte le funzioni della sapienza vennero attribuite a lui, poiché “in lui sono celati tutti i tesori della sapienza  e della conoscenza” (Col 2,3). Proprio così vennero espresse in modo conclusive l’insuperabilità e la definitività della rivelazione di Dio in Gesù. L’innalzato non è solamente il Preesistente, ma prende anche parte all’opus proprium Dei, alla creazione, anzi compie l’opera della creazione per incarico di Dio, viene investito da lui dei pieni poteri  e determina anche l’evento finale. Non vi è alcuna rivelazione, parola o azione di Dio che possa avere luogo senza di lui  o da lui possa prescindere» in Id, 113-114

[13] «A questa affermazione dell’origine divina (Gv 17,5) di Gesù, fa seguito la cristologia del prologo  dove, attraverso la “fusione” del Figlio di Dio preesistente con la “sapienza” della tradizione biblica , l’autore ci fa “risalire in Dio fino a questo compimento assoluto di colui che era, contemporaneamente presso Dio e Dio lui stesso”» in Tremblay, Cristo e la morale, 194

[14] «(…) nel figlio incarnato morto e risorto il Padre crea l’uomo nell’Amore aprendolo così ad un movimento di ritorno e di obbedienza filiale che è la pura negazione di ogni eteronomia» in Id, 196

[15] «Favorendo l’unione tra Dio e l’uomo per le ragioni già dette, non cado nel “monofisismo” dell’azione dove ciò che appartiene all’uomo, alla sua ragione alla sua libertà, sarebbe come inghiottito dal divinum. I cortocircuiti fatti nel passato in favore del divinum, che non sono senza relazione con l’avvenire dell’illuminismo con la sua rivendicazione dell’autonomia dell’uomo, e che non erano fedeli alla più pura tradizione cristiana (partendo da Calcedonia fino a San Tommaso per esempio), non possono in alcun modo ritrovarsi nella presente affermazione. La chiave dell’amore che fa appello alla relazione, alla persona (dono ricevuto/dono ridonato) e dunque che favorisce l’unione tra Dio e l’uomo nel rispetto delle loro differenze, ha come punto di riferimento e fonte ultimo, il paradigma trinitario delle “relazioni sussistenti” che costituiscono il Padre, il Figlio e lo Spirito. Questo paradigma, limitato ora alla persona del Figlio, si ripercuote al piano della cristologia dove la persona del Figlio è ciò che spiega la differenza inviolabile in lui delle nature divina e umana (nel Cristo l’unione si fa nelle due nature e non a partire dalle due nature) e da qui a ciò che dimostra che l’uomo gode per realizzarsi in quanto tale d’una propensione all’Ex-sistere. Così dunque sia che si parta dalla Trinità immanente (paradigma), che dalla Trinità economica o dalla cristologia, si arriva sempre alla stessa conclusione: più Dio si unisce all’uomo, più l’uomo è se stesso, più egli trova la sua autonomia.» in Id, 197, nota 51

[16] A.M. Jerumanis, L’agire morale filiale, in R.Tremblay (ed), Figli nel Figlio. Una teologia morale fondamentale, Bologna 2008, 185-200

[17] Tremblay, Radicati e fondati, 7

[18] J.De Finance, Conoscenza dell’essere. Trattato di ontologia. Roma 1993,380-385

[19] A.M. Jerumanis, La morale filiale dell’Antico Testamento, In Tremblay (ed), Figli nel Figlio, 27-43 e A.M. Jerumanis,  La morale filiale nel Nuovo Testamento in Tremblay (ed), Figli nel Figlio, 45-60

[20] «Il catechismo ci offre la possibilità di evidenziare il fondamento nell’essere filiale delle categorie morali di libertà, di coscienza, di virtù. Queste tre “disposizioni” sono in tal modo tutte ordinate a conformare le facoltà umane e l’agire che ne deriva a Cristo, allo scopo di creare, o di perfezionare, l’unione con lui, con il Padre e lo Spirito» in Jerumanis, L’agire morale filiale, 187

[21] Costituzione Conciliare Dei Verbum del 18 novembre 1965

[22] J.Maritain, La dialettica immanente del primo atto di libertà. Note di filosofia morale, in Id, Ragione e ragioni. Saggi sparsi, Milano 1982, 102-131

[23] «Gesù concepisce l’uomo come un essere libero capace di porre gesti ben precisi che lo impegnano o lo disimpegnano in profondità a riguardo della sua persona portatrice della vita eterna» in Tremblay, Cristo e la morale, 53

[24] R.Tremblay, L«innalzamento» del Figlio, fulcro della vita morale, Roma 2001, 70

[25] «In questo senso la vita morale possiede un  essenziale carattere “teleologico”, perché consiste nella deliberata ordinazione degli atti umani a Dio, sommo bene e fine (telos) ultimo dell’uomo» VS 73

[26] K.Wojtyla, Persona e atto, Milano 2000, 33

[27] S.Bastianel, Autonomia e teonomia, in F.Compagnoni, G.Piana, S.Privitera, Nuovo dizionario di Teologia morale, Cinisello Balsamo 1990,72-75

[28] R.Tremblay, L’eucaristia approfondimento e sviluppo della vita filiale, in Tremblay (ed), Figli nel Figlio, 345-363

[29] Benedetto XVI, Lettera enciclica, Deus caritas est, del 25 dicembre 2005

[30] In Io. Ep.tr., Prol. (Pl 3535, 1977-1978; SCh 75,107)

[31] Seguiremo quì le riflessioni dello studio di A.M. Jerumanis, «Deus caritas est»: ubi humilitas ibi caritas, in R.Tremblay (Ed), Deus caritas est. Per una teologia morale radicata in Cristo, Città del Vaticano 2007, 113-121

[32] «Una volta ascesi tutti questi gradi dell’umiltà, il monaco giungerà subito a quella carità, che quando è perfetta scaccia il timore» Regola di S.Benedetto VII,67

[33] R. Schnackemburg, Il vangelo di Giovanni, Brescia 1977, II, 357-375

[34] «Svilì d’un tratto ai miei occhi ogni vana speranza e mi fece bramare la sapienza immortale con incredibile ardore di cuore. Così cominciavo ad alzarmi per tornare a Te» Opere di S.Agostino,  Le confessioni, Roma 1982, III, 63

[35] Benedetto XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate, del 29 giugno 2009

[36] «Il gesto supremo della vita di Cristo, l’Eucarestia, contiene per il cristiano il senso autentico del morire. (…). L’Eucarestia è l’atto decisivo di Gesù, quello nel quale egli anticipa la sua morte e la accoglie in obbedienza dalle mani del Padre e così la trasforma in un atto d’amore, nel suo donarsi per sempre per gli uomini, perché abbiano la vita. Partecipando all’Eucarestia e conformando in essa la sua libertà, il cristiano impara che il senso autentico della vita è il dono di sé  nell’amore e che “non c’è amore più grande di quello di chi da la propria vita per i suoi amici” Gv 15,13”. Così nell’Eucarestia e nell’amore vissuto egli anticipa la propria morte e si prepara alla morte come consenso alla volontà del Padre, nell’ora da lui voluta, e come dono di sé. Egli vive il vivere e il morire come appartenenza a Dio e come obbedienza al Padre» in L.Melina,Corso di bioetica. Il vangelo della Vita,Casale Monferrato 1996,  222

 

Libro “Da vita a Vita” del prof Bruno Mozzanega

Il Prof Bruno Mozzanega Ginecologo Università di Padova ha scritto il libro “Da vita a Vita” nel quale viene fatto un excursus della fisiologia e clinica dell’apparato riproduttivo femminile. Si consiglia l’acquisto del libro da tenere a disposizione in farmacia perchè in esso c’è un capitolo dedicato alla capacità riproduttiva (REGOLAZIONE DELLA CAPACITA’ RIPRODUTTIVA PAG 174) , nel quale si affronta anche il tema della pillola del giorno dopo a pag 198 – 201 e della pillola dei cinque giorni dopo a pag 201 – 205. Nel capitolo si parla in modo chiaro e dettagliato, su basi scientifiche, del meccanismo d’azione delle due pillole  utilizzate per la contraccezione di emergenza. Viene chiaramente spiegato che, in entrambi i casi è presente un meccanismo anti-nidatorio e cioè abortivo.
Nella riunione UCFI del Nord Italia che si è tenuta presso L’Abbazia di Maguzzano nel Comune di Lonato l’8 luglio scorso alla presenza del dott Piero Uroda e dell’Assistente Nazionale Don Marco Belladelli, si è fatto il resoconto del Convegno sull’Obiezione di coscienza, che si è tenuto a Milano lo scorso 25 maggio 2018 ed è stato presentato il libro “Da vita a vita” del prof Bruno Mozzanega. Si è deciso di consigliare i farmacisti cattolici di comperare il libro, di leggerlo per un proprio aggiornamento professionale e di tenerlo a disposizione come documentazione a supporto.

COME ACQUISTARE IL LIBRO

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BUONA LETTURA A TUTTI!

SERATA RACCOLTA FIRME A FAVORE DELL’OBIEZIONE DI COSCIENZA DEL FARMACISTA

Farmacisti Cattolici organizzano, in collaborazione con la Fondazione Muralti, una serata per presentare le ragioni di una raccolta di firme a favore di una legge che consenta l’obiezione di coscienza del farmacista.

Il farmacista nella difesa della vita umana: una firma per chiedere una legge a favore dell’obiezione di coscienza del farmacista
14 NOVEMBRE DALLE ORE 21
VIALE PICENO 18 MILANO II PIANO

PROGRAMMA:
  • ore 21,00 Introduzione – Dott Maria Teresa Riccaboni
  • ore 21,20 Le basi scientifiche del meccanismo antinidatorio delle pillole contraccettive di emergenza – Dott Nicola Natale Ginecologo
  • ore 21,50 Necessità di una legge che consenta l’esercizio dell’obiezione di coscienza del farmacista sia titolare che dipendente – Avv. Vittorio Tusa pharmacieinde.fr
  • ore 22,20 Domande dei farmacisti ai relatori
  • ore 22,40 Conclusione e raccolta di firme
Per chi fosse interessato a partecipare è prego di comunicare la presenza al tel. 02/74811262 oppure tramite mail segreteria@fondazionemuralti.it

SOTTOSCRIZIONE A FAVORE DELL’OBIEZIONE DI COSCIENZA DEL FARMACISTA

SCARICA I FOGLI PER LA RACCOLTA DELLE FIRME

  1. Il fine della raccolta delle firme è quello di dare maggior forza alla nostra battaglia a favore del diritto all’obiezione di coscienza, trovando adesioni e consensi tra tutti i colleghi, soprattutto fuori dalla nostra associazione. Una battaglia condotta da 15 anni a questa parte soltanto dalla nostra Associazione con grande convinzione, coraggio, determinazione e sacrifici. Al di là del rispetto e della considerazione personale che si sono guadagnati coloro che ci hanno messo la faccia, nonostante il loro meritevole impegno, purtroppo i risultati sono stati scarsi.
  2. I destinatari di questa raccolta di firme sono le organizzazioni professionali di categoria, in primis la FOFI, i rispettivi Ordini provinciali  e di seguito FEDERFARMA, ecc., perché l’obiezione di coscienza venga finalmente considerata come un diritto legittimo e di conseguenza ne appoggino il riconoscimento giuridico, come e avvenuto e avviene per le altre categorie professionali (vedi i Medici).
  3. In questo primo passaggio quindi vanno coinvolti soltanto i colleghi, titolari, collaboratori, studenti e pensionati, attraverso un porta a porta o qualsiasi altra modalità sia possibile contattarli e coinvolgerli (convegni, assemblee, riunioni di categoria, ecc.), avvalendoci dell’aiuto e della collaborazione di tutti coloro che condividono la nostra battaglia.
  4. SCARICA I FOGLI PER LA RACCOLTA DELLE FIRME. Ogni foglio, debitamente compilato in tutte le sue parti, va controfirmato da chi ha fatto la raccolta, indicando anche il luogo e la data in cui è stata effettuata. I fogli completi di firme vanno quindi spediti o consegnati alla nostra sede centrale, via della Conciliazione 10, Roma.
  5. Questa iniziativa di raccolta di firme sarà anche una formidabile occasione per far conoscere la nostra Associazione, l’UCFI, a chi ancora non la conosce, per raccogliere adesioni e magari anche per far nascere nuove sezioni territoriali là dove finora non siamo rappresentati.

Manifesto per la Vita

A vent’anni dalla pubblicazione dell’enciclica Evangelium Vitae, facciamo nostro e rilanciamo l’accorato appello di San Giovanni Paolo II: «In nome di Dio: rispetta, difendi, ama e servi la vita, ogni vita umana! Solo su questa strada troverai giustizia, sviluppo, libertà vera, pace e felicità!» (EV 5).

  1. Annunciare, servire e celebrare il Vangelo della Vita, significa annunciare la persona stessa di Gesù Cristo, nel quale è definitivamente e pienamente donata a tutti la vita divina ed eterna; un evento di salvezza in cui viene accolto, elevato e portato a compimento quel valore della vita racchiuso nella stessa esperienza e ragione umana e in qualche modo scritto nel cuore stesso di ogni uomo e donna (cfr. EV 29-30).
  2. Annunciare la vita è la missione della Chiesa, un mandato ricevuto da Cristo Gesù che la impegna fino alla fine del tempo, e che deve fare i conti, non soltanto con le mutate condizioni culturali e sociali, ma anche con la fragilità della stessa Chiesa.
  3. Un mandato da compiere dentro un orizzonte e un contesto ancora più ampio e complesso qual è quello della cura e della custodia del creato, come indicato da Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’. Difendere e promuovere la vita, come prendersi cura e custodire il creato, esigono l’accoglienza dell’atto creativo e redentivo di Dio nella dinamicità del suo sviluppo e fin alle sue ultime conseguenze: la vita eterna e la comunione perfetta con Lui, nel Suo Regno.
  4. Per questo rinnoviamo il nostro impegno a favore della vita, rivolgendo anche un accorato appello per un nuovo slancio missionario:
  • ai Pastori della Chiesa perché siano annunciatori instancabili del Vangelo della Vita in ogni loro azione apostolica.
  • Alle comunità cristiane perché condividano e promuovano una cultura della vita che consideri l’uomo nella sua totalità e integrità, dal concepimento fino al suo compimento e non si stanchino di operare concretamente a favore delle persone più fragili e nelle situazioni più difficili.
  • Ai professionisti della sanità perché siano a servizio della vita nell’esercizio della loro missione “astenendosi da recar qualsiasi danno o offesa” ad alcuno (cfr. Giuramento di Ippocrate), soprattutto se malato, povero e fragile, e di non essere condizionati nell’esercizio della professione da interessi economici o di potere, liberi di esercitare il diritto di obiezione di coscienza (cfr. Costituzione Italiana, art. 2).
  • Ai responsabili delle istituzioni sanitarie, anzitutto quelle di ispirazione cristiana, perché anche di fronte alle trasformazioni organizzative e tecnologiche degli ultimi anni, contribuiscano con decisione a realizzare luoghi di evangelizzazione, di promozione e difesa della vita in ogni suo momento e manifestazione.
  • Al mondo della politica e a quanti sono amministratori del bene comune perché la vita umana e la sua dignità sia tutela in ogni sua stagione, soprattutto quando essa si manifesta fragile, debole e indifesa, in un contesto sociale dove appaiono sovente fenomeni della cultura della morte. Inoltre auspichiamo una maggior attenzione alle politiche familiari, garanzia di futuro e di sviluppo del nostro Paese.
  • A tutti, perché si promuova ad ogni livello e in ogni circostanza, nel rispetto della verità, una nuova cultura della vita, dell’incontro e della pace, radicati in una solida spiritualità evangelica, fondamento di identità e impegno.
  1. Facciamo nostro, nella concretezza della storia e della quotidianità, l’invito rivolto da

Papa Giovanni Paolo II a essere il Popolo della Vita che ha ricevuto in dono il Vangelo della Vita per annunciarlo, celebrarlo e servirlo.

Il Popolo della Vita annuncia:

  • il Dio della speranza e della gioia, vicino all’uomo, desideroso di entrare in comunione con lui.
  • La sacralità, l’inviolabilità e l’indisponibilità della vita, che ha senso e pienezza nell’amore ricevuto e donato.

Il Popolo della Vita celebra:

  • la bellezza, la grandezza e la dignità della vita umana, riflesso della stessa immagine di Dio e icona di Cristo Suo Figlio.
  • Il dono di sé di quanti, quotidianamente, nel silenzio e nell’umiltà, servono la vita in famiglia, sul lavoro e in ogni altro ambito.

Il Popolo della Vita serve:

  • tutta la vita e la vita di tutti, obbedienti al comandamento dell’Amore reciproco.
  • Una coraggiosa ed efficace opera educativa per un nuovo umanesimo in Gesù Cristo.

A Maria, Madre dei viventi, affidiamo questo rinnovato appello e impegno a favore della vita, di tutta la vita e della vita di tutti.

Roma, 30 ottobre 2015

LA CONTRACCEZIONE D’EMERGENZA Position Paper sul meccanismo d’azione

PREMESSA

Le nostre leggi

Lo Stato italiano, attraverso le sue leggi, finalizza la procreazione responsabile alla tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento. E’ l’articolo 1, comma 3, della legge 405 del 1975 che istituisce i Consultori Familiari. Questa tutela è ribadita anche nella Legge 194 del 1978 che, pur permettendo l’aborto in casi che dovrebbero essere eccezionali, proclama la tutela della vita umana dal suo inizio (inizio della vita umana, e non della “gravidanza” che l’OMS, per convenzione, fa decorrere dall’impianto in utero). La legge 40 del 2004, da ultimo, nelle procedure di fecondazione assistita riconosce al concepito le tutele che garantisce ai suoi genitori (passaggio mai modificato da alcuno dei numerosi interventi della Corte Costituzionale).

E’ quindi importante sapere se i farmaci utilizzati per la contraccezione d’emergenza, il Levonorgestrel (LNG, Norlevo®) e l’Ulipristal Acetato (UPA, ellaOne®), prevengano o meno il concepimento e siano, di conseguenza, compatibili o meno con le nostre Leggi e, prima ancora, con i princìpi che le fondano.

Il consenso informato dei pazienti e la libertà professionale dei medici e dei farmacisti

Un’informazione corretta sul meccanismo d’azione di questi farmaci appare dunque doverosa ed è presupposto indispensabile perché siano pienamente liberi sia il consenso informato al loro utilizzo da parte della donna, sia la scelta professionale del medico in merito alla loro prescrizione (Diap. 2).

Sono numerose le pubblicazioni che evidenziano come il meccanismo d’azione sia uno dei criteri fondamentali sui quali si basa la scelta fra i diversi metodi contraccettivi.(1-4) Lo è per la donna, lo è per il medico e lo è per tutti gli operatori sanitari. Come ha osservato il Comitato Nazionale per la Bioetica nel pronunciamento del 12 luglio 2012, la libertà di coscienza del medico e di tutti gli operatori sanitari è un bene costituzionalmente rilevante ed essa non può prescindere da un’informazione corretta.

DEFINIZIONE

Per contraccezione d’emergenza si intende l’assunzione di farmaci o l’inserimento in utero di spirali a seguito di un rapporto sessuale non protetto avvenuto nel periodo fertile del ciclo mestruale e cioè nei 4-5 giorni che precedono l’ovulazione e nel giorno dell’ovulazione stessa (Diap. 3-4): solo in essi, infatti, il muco cervicale consente il passaggio agli spermatozoi. Fra essi, il giorno più fertile, cioè quello in cui la probabilità di concepire è più alta, è il giorno che precede l’ovulazione, seguito dal giorno ancora precedente e da quello successivo: il giorno stesso dell’ovulazione.(5-9) In questi tre giorni è anche massima l’incidenza di rapporti sessuali, sia protetti, sia non protetti.(6,10) (Diap. 5-8)

Assumere questi farmaci costituisce un tentativo estremo che si trova a fare i conti con almeno due dati di fatto. (Diap. 9) Il primo: gli spermatozoi sono già entrati. Grazie al muco fertile hanno già attraversato il collo dell’utero e in buona parte hanno anche già raggiunto la tuba;(11) lì attendono, quiescenti, la liberazione dell’uovo. Nessun farmaco del giorno dopo potrà ovviamente impedire una loro risalita, visto che essa è già avvenuta. Il secondo: l’ovulazione è ormai prossima.

A questo punto, nell’organismo femminile, tutto è predisposto verso il concepimento e verso il successivo impianto dell’embrione nell’endometrio che gli ormoni prodotti dal corpo luteo, dopo l’ovulazione, renderanno ospitale. (Diap. 10-16)

Per evitare che clinicamente compaia una gravidanza restano solo due modi: impedire in extremis che avvenga l’ovulazione e cioè prevenire il concepimento, oppure fare in modo che il figlio concepito non trovi all’interno dell’utero il terreno fertile di cui ha bisogno. (Diap. 17)

La differenza sostanziale fra le due ipotesi è chiara: nel primo caso non si giunge al concepimento, nel secondo viene attivamente soppresso l’embrione ancora prima che si manifesti la sua presenza.

MECCANISMO D’AZIONE DEI CONTRACCETTIVI DI EMERGENZA

Esamineremo separatamente i due tipi di farmaci utilizzati. (Diap. 18-19) Lasceremo da parte l’inserimento in utero delle spirali: il loro meccanismo d’azione è dichiaratamente anti-nidatorio.

Come detto, i farmaci attualmente utilizzati sono due: il Levonorgestrel (LNG, Norlevo®), un potente progestinico sintetico, e l’Ulipristal Acetato (UPA, ellaOne®), un potente anti-progestinico sovrapponibile per caratteristiche al Mifepristone (RU486, Myfegyne®).

Vediamo innanzitutto cosa viene divulgato a livello internazionale sul loro meccanismo d’azione.

L’Azienda produttrice (HRA Pharma),(12) la Food and Drugs Administration degli Stati Uniti (US- FDA),(13) l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA),(14) le più rappresentative Società Scientifiche internazionali e nazionali dei ginecologi (15) sostengono e divulgano che i contraccettivi d’emergenza prevengono o ritardano l’ovulazione e quindi impediscono il concepimento, senza interferire in alcun modo con l’annidamento (solo la FDA ammette questa possibilità par il LNG).

Nella realtà, invece, gli studi sperimentali evidenziano – e illustrarlo è lo scopo di questa position paper – che questi farmaci non sono in grado di prevenire con certezza il concepimento, se non quando vengano assunti proprio all’inizio del periodo fertile. Nei giorni fertili successivi, infatti, e soprattutto nei giorni più prossimi alla liberazione dell’ovocita, questi farmaci non hanno più alcun effetto sull’ovulazione e sul concepimento, mentre rendono l’endometrio inospitale per l’embrione. I giorni fertili più prossimi all’ovulazione sono, peraltro, i giorni più fertili del ciclo mestruale e sono anche quelli in cui statisticamente sembrano concentrarsi il maggior numero di rapporti sessuali e in cui si verificano il maggior numero di concepimenti.(5-7,12) (Diap. 5-8)

Appare illusorio, tuttavia, ritenere di poter stabilire se la donna, nel momento in cui richiede il farmaco, si trovi nel primo dei giorni fertili oppure in uno dei successivi, più prossima all’ovulazione.

Buona parte della popolazione femminile ignora i segni di fertilità, e la presenza di liquido seminale all’interno dei genitali femminili (inevitabile dopo un rapporto sessuale non protetto) confonde la ricerca e l’osservazione del muco cervicale, il segno più comune di fertilità. Anche i dosaggi dell’ormone LH, l’ormone che induce la liberazione dell’uovo, non sembrano in grado di localizzare con precisione quanto si sia distanti dalla prossima ovulazione. Il riscontro di livelli bassi potrebbe farci ritenere lontani, ma è impossibile essere certi che i suoi livelli non inizino a salire subito dopo il prelievo di sangue. Siamo, infatti, nel periodo pre-ovulatorio e i livelli degli ormoni possono variare con grande rapidità.

Parimenti, la misurazione ecografica del diametro del follicolo dominante, quello cioè che contiene l’uovo e si appresta a liberarlo, non ci dà garanzie prognostiche su quando avverrà l’ovulazione. Soltanto il riscontro di un follicolo di 12-14 mm ci colloca al limite fra periodo non fertile e fertile,(16) suggerendo che un rapporto in un giorno antecedente difficilmente possa portare al concepimento. Se, invece, il follicolo è di diametro maggiore è impossibile prevedere il momento dell’ovulazione, data l’elevata variabilità inter-individuale dei fenomeni. Parimenti, una valutazione ecografica dell’endometrio non sembra in grado di aiutare in questa previsione.

Fatte queste precisazioni, vediamo ora di addentrarci nella valutazione dettagliata dei due tipi di pillola.

• LEVONORGESTREL (LNG, Norlevo®)

Ogni compressa di Norlevo® contiene 1.5 mg di Levonorgestrel, da assumersi per via orale in unica dose. Il farmaco viene presentato come contraccettivo di emergenza da utilizzare entro 72 ore dal rapporto sessuale non protetto,(17,18) evidentemente avvenuto in uno dei giorni fertili pre-ovulatori. (Diap. 20-21) L’efficacia del trattamento, tuttavia, sembra persistere fino a 96 ore senza riduzione significativa.(18)

Si afferma senza alcuna esitazione che il Levonorgestrel agisce posticipando o inibendo l’ovulazione e che quindi previene il concepimento senza poter, in alcun modo, interferire con l’annidamento di un embrione eventualmente concepito.

E’ quanto sostenuto dalla Federazione Internazionale dei Ginecologi e Ostetrici (FIGO) e dal Consorzio Internazionale per la Contraccezione d’Emergenza (ICEC) nei loro Statements ufficiali congiunti del 2008, del 2011 e del 2012: “How do Levonorgestrel-only emergency contraceptive pills (LNG ECPs) work to prevent pregnancy?”.(15) (Diap. 22)

In realtà, negli studi citati a sostegno di queste affermazioni,(15,19-23) la maggioranza delle donne studiate ovula regolarmente quando assume il farmaco nella fase pre-ovulatoria avanzata, che comprende anche i giorni più fertili del ciclo. Si osserva un ritardo nella liberazione dell’uovo, ma nell’80% dei casi e non in tutti, soltanto se il farmaco viene assunto nel primo dei giorni fertili e cioè 4-5 giorni prima dell’ovulazione. Ovviamente, però, una donna che assumesse il farmaco nel primo giorno fertile, a seguito di un rapporto sessuale avvenuto da uno a tre giorni prima, lo assumerebbe inutilmente poiché quel rapporto sarebbe verosimilmente avvenuto in un periodo non ancora fertile. (Diap. 23-25)

Ci limitiamo ad aggiungere che gli studi citati, oltre a evidenziare che le donne ovulano, dimostrano anche che in queste stesse donne il Levonorgestrel – somministrato nel periodo fertile pre-ovulatorio – impedisce la formazione di un corpo luteo adeguato,(20-23) rendendo insufficiente la produzione di quegli ormoni (Progesterone in particolare) che hanno il compito di preparare l’endometrio all’impianto. Ne consegue l’impossibilità per l’embrione di annidarsi.

Va segnalato anche che LNG, assunto nei giorni fertili, è comunque molto efficace: esso previene il 70% delle gravidanze,(24) pur essendo incapace di inibire l’ovulazione proprio nei giorni più fertili del ciclo, quelli in cui si concentrano il maggior numero di rapporti e di concepimenti. (Diap. 26) In uno studio, in particolare,(25) oltre il 70% delle pazienti trattate con Norlevo® nei giorni fertili pre- ovulatori ovularono normalmente al momento previsto, senza però che poi comparisse alcuna gravidanza a seguito dei rapporti sessuali non protetti. (Diap. 27-28) Evidentemente la ragione del successo del Norlevo® risiede in altro: le modificazioni indotte nell’endometrio.

Gli studi di coorte,(26,27) a ulteriore conferma, dimostrano con estrema chiarezza che è proprio la somministrazione del Levonorgestrel nel periodo pre-ovulatorio a impedire che compaiano gravidanze clinicamente evidenti e dal momento che l’ovulazione non viene impedita e il concepimento può normalmente seguire, l’effetto contraccettivo sarà necessariamente post- concezionale.

Gli esperti della FIGO sostengono però che il Levonorgestrel non impedisce l’annidamento e lo esplicitano in tutte le successive edizioni degli Statements.(15) Per dimostrarlo si rifanno a due studi che utilizzano colture di tessuto endometriale prelevato da donne fertili con cicli normali, che non avevano ricevuto alcun trattamento ormonale.(28,29)

In particolare, nei due studi citati vengono utilizzate colture di endometrio luteale prelevato cinque giorni dopo l’ovulazione, cioè nel periodo di sua massima recettività. In questo endometrio del tutto ospitale vengono impiantati embrioni. In presenza di solo Progesterone se ne impiantano 10 su 17 (il 57%), mentre in presenza di Levonorgestrel se ne impiantano meno: 6 su 14 (il 43%). La differenza è presentata come non significativa; in realtà per poter negare che la differenza sia statisticamente significativa, il numero di casi dovrebbe essere molto superiore.

Tuttavia, anche volendo accettare che il Levonorgestrel, aggiunto in coltura, non interferisca con l’annidamento, va ribadito che in questi studi viene utilizzato endometrio normale ottenuto da pazienti che non avevano assunto alcun trattamento ormonale; non si utilizza endometrio prelevato da pazienti trattate con Levonorgestrel nei giorni fertili pre-ovulatori. La sola cosa che questi studi consentono di affermare è che il Levonorgestrel, somministrato cinque giorni dopo il concepimento, in piena e normale fase luteale, non impedisce un annidamento che sia già in corso; ma non sono certo questi i giorni in cui viene raccomandato il ricorso alla contraccezione d’emergenza.(30,31)

A questo punto sembra doverosa una ulteriore informazione per qualificare l’attendibilità degli Statements congiunti di FIGO e ICEC.(32)

Nel sito ufficiale della European Society of Contraception and Reproductive Health (http://www.escrh.eu/about-esc/news/how-do-levonorgestrel),(33) oltre al link per lo Statement, di cui si riportano le conclusioni, viene espresso il ringraziamento ai suoi estensori “per la loro incredibile attenzione ai dettagli e per la costante preoccupazione di essere sicuri che questo Statement fosse accurato e riflettesse pienamente gli studi più recenti”. Degli autori si riportano i nomi: Vivian Brache, Anibal Faundes, Ian Fraser (tutti tre Ginecologi) e James Trussell (Statistico). (Diap. 29-30)

Vivian Brache è la prima Autrice di uno studio su ellaOne® (UPA) sponsorizzato da HRA Pharma,(34) al termine del quale, confrontando l’efficacia di UPA e del LNG, lei stessa conclude che “dall’analisi combinata di diversi studi, il Levonorgestrel somministrato nel periodo fertile avanzato inibisce l’ovulazione soltanto in 7 donne su 48, e cioè nel 14,6% dei casi”. (Diap. 31-33)

Nel giungere a questa conclusione la Brache cita due studi di cui è co-autrice insieme a Faundes (altro autore dello Statement),(35,36) nei quali si rimarca che LNG non è in grado di inibire l’ovulazione proprio nei giorni più fertili del ciclo e questa conclusione è ribadita anche di recente, in un suo ulteriore studio che confronta i diversi metodi di contraccezione d’emergenza.(37) Negli Statements, invece, Brache e Faundes, di concerto con gli altri due Esperti della FIGO, sostengono esattamente il contrario di quanto emerge dai loro propri studi e affermano in modo ufficiale e dogmatico, a nome di tutti i ginecologi del mondo, che il meccanismo d’azione principale del Levonorgestrel è quello di impedire o ritardare l’ovulazione. (Diap. 22)

Questo Statement appare come la Verità ufficiale condivisa unanimemente da tutto il mondo della Ginecologia internazionale. In base a essa i medici effettueranno le proprie scelte etiche e professionali. In base a essa le donne compiranno le proprie scelte personali, ritenendo che LNG serva a prevenire i concepimenti. A essa gli Stati e i Governi faranno riferimento quando si troveranno a legiferare su questi temi vitali.

• ULIPRISTAL ACETATO (UPA, ellaOne®)

Ogni compressa di ellaOne® contiene 30 mg di Ulipristal Acetato nella sua forma micronizzata, da assumersi per via orale in unica dose. E’ unanimemente riconosciuto che 30 mg di UPA micronizzato equivalgono a 50 mg di UPA non micronizzato, il principio attivo somministrato in capsule di gelatina che era stato utilizzato nelle precedenti sperimentazioni cliniche.(12,38) (Diap. 34- 36)

L’Azienda produttrice, HRA Pharma, sostiene che ellaOne®, somministrato nel periodo fertile del ciclo mestruale, abbia la capacità di posticipare l’ovulazione e quindi impedisca l’incontro di uovo e spermatozoo. Il farmaco avrebbe la capacità di inibire l’ovulazione e di differirla di cinque giorni anche quando venisse assunto immediatamente prima dell’ovulazione, e agirebbe con efficacia costantemente elevata anche se assunto fino a cinque giorni dopo il rapporto non protetto.(12) (Diap. 37-38)

Questa posizione ufficiale, che si basa sullo studio di Brache appena citato,(34) è fatta propria e divulgata da ICEC e FIGO (http://sigo.it/pdf/medical_service_delivery_guidelines.pdf).(39) (Diap. 40-41)

Va ricordato che il concepimento può avvenire soltanto se il coito si è verificato nei quattro – cinque giorni fertili pre-ovulatori, durante i quali il muco cervicale consente agli spermatozoi di entrare nei genitali femminili, e che il concepimento di norma avviene entro 24 ore dalla liberazione dell’uovo.

Nei giorni fertili si verificano, a livello di ovaio e ghiandola ipofisi, i fenomeni che preparano e determinano l’ovulazione: nell’ordine, il progressivo aumento nei livelli di estrogeni (che iniziano già a rendere fertile il muco) induce un progressivo aumento dei livelli di LH. Questi ultimi, a loro volta, raggiungono valori di picco che si mantengono elevati anche per ore. L’ovulazione, di norma, si verifica 24-48 ore dopo il picco di LH, ma può verificarsi anche successivamente.(8)

Se visualizziamo queste variazioni ormonali su di un grafico che rappresenti i giorni fertili del ciclo mestruale, ci rendiamo conto del fatto che il periodo che precede il rialzo di LH si identifica con l’inizio del periodo fertile; quello durante il quale LH aumenta coincide verosimilmente con il secondo-terzo giorno fertile del ciclo, mentre i giorni di picco (le 24-48 ore pre-ovulatorie) e il successivo giorno dell’ovulazione sono gli ultimi giorni fertili, i più fertili del ciclo mestruale.

Effetti anti-ovulatori

Ciò premesso, vi è un unico studio che valuta l’effetto di ellaOne® sull’ovulazione, quando viene somministrato nel periodo fertile del ciclo. E’ quello già richiamato di Vivian Brache in cui si afferma in modo insistito che ellaOne® è in grado di posticipare l’ovulazione per più di cinque giorni, anche quando viene somministrato immediatamente prima dell’ovulazione.(34) Questa conclusione è esplicitata con estrema evidenza sia nel titolo stesso dello studio, sia nel riassunto, sia nelle conclusioni. (Diap. 40-41)

Il numero di donne valutate è esiguo: 34. Esse vengono considerate dapprima complessivamente e quindi separatamente: stratificate in tre gruppi a seconda che ricevano Ulipristal prima che LH inizi ad aumentare, oppure durante la fase di incremento di LH, o, ancora, dopo che il picco di LH è stato raggiunto. (Diap. 42)

La prima valutazione evidenzia che l’assunzione di ellaOne® nel periodo fertile del ciclo mestruale inibisce o posticipa l’ovulazione complessivamente nel 58.8% delle donne. Questo significa che il 41.2% delle donne trattate nel periodo fertile ovulano regolarmente e possono concepire. (Diap. 42- 43)

La valutazione dell’efficacia anti-ovulatoria di ellaOne® in relazione al momento di assunzione del farmaco, nelle tre diverse fasi del periodo fertile, evidenzia che gli effetti di UPA sull’ovulazione sono fortemente dipendenti dai valori di LH. L’ovulazione, infatti, risulta costantemente ritardata soltanto nelle otto donne trattate all’inizio del periodo fertile, prima che LH inizi ad aumentare. Se l’ormone LH ha già iniziato a crescere l’ovulazione è ritardata nel 78% dei casi: in undici donne su quattordici (tre donne ovulano e possono concepire). Nelle pazienti in cui il picco di LH è già stato raggiunto l’ovulazione è ritardata in un solo caso su dodici: il 92% delle donne studiate ovula e può concepire. (Diap. 43,44)

Inoltre, nel paragrafo dei risultati, l’Autrice stessa precisa che al picco di LH, uno-due giorni prima

dell’ovulazione, il farmaco non ha più alcuna capacità di impedirla e funziona esattamente come un placebo “when UPA was given at the time of the LH peak, the time elapsed to rupture was similar to placebo (1.54±0.52 days versus 1.31±0.48 days)”. (Diap. 42,45)

Si tratta, come detto, dei giorni più fertili del ciclo, quelli in cui si verifica il maggior numero di concepimenti; i giorni nei quali un farmaco con una efficacia “contraccettiva” costantemente superiore all’80% dovrebbe inibire l’ovulazione con la massima efficacia se il suo effetto fosse riconducibile a una azione anti-ovulatoria. (Diap. 46)

E’ dimostrato invece, come abbiamo visto, che ellaOne®, assunto nel periodo più fertile del ciclo e cioè uno-due giorni prima dell’ovulazione, non agisce con meccanismo anti-ovulatorio.

La sua capacità di inibire l’ovulazione è massima (100%) solo all’inizio del periodo fertile; successivamente si riduce in modo rapido e progressivo fino a quasi azzerarsi (8%) nei due giorni pre-ovulatori. Nonostante questo, la sua efficacia, superiore all’80%, non si riduce nel tempo: sia che il farmaco sia assunto nel primo giorno dopo il rapporto a rischio, sia che esso sia assunto invece nel secondo, nel terzo, nel quarto o addirittura nel quinto giorno dopo il rapporto stesso, l’efficacia contraccettiva si mantiene costantemente elevata.(38,40-42) (Diap. 47-48)

Se il meccanismo contraccettivo fosse davvero correlato all’inibizione dell’ovulazione ci si attenderebbe un progressivo calo della sua efficacia col passare dei giorni, man mano che il momento dell’ovulazione si approssima. Invece l’efficacia di ellaOne® rimane costantemente elevata.(32,43) Ciò evidenzia che il meccanismo contraccettivo va ricondotto ad altro, in particolare alla sua azione di inibizione dell’endometrio.

Tuttavia, prima ancora di addentrarci a descriverla, è necessario rilevare quanto sia discutibile, anche sul piano etico,(32) l’informazione che viene divulgata da autorevoli ricercatori che provengono da Istituti scientifici rinomati, quali il Karolinska Institutet di Stoccolma.(44,45)

Come sappiamo, nel suo studio su ellaOne®, Brache riporta che “when UPA was given at the time of the LH peak, the time elapsed to rupture was similar to placebo (1.54±0.52 days versus 1.31±0.48 days)”. Ciò significa che Ulipristal Acetato, quando viene somministrato al picco di LH, si comporta esattamente come il placebo. (Diap. 49)

Né ellaOne®, né evidentemente il placebo, quando sono somministrati al picco di LH, sono in grado di ritardare o di inibire l’ovulazione, la quale si verifica fisiologicamente uno-due giorni dopo.

Questo dato viene completamente stravolto da Gemzell-Danielsson e Lalitkumar che, in due articoli del 2013, rispettivamente alle pagine 302(44) (Diap. 50-51) e 93(45) (Diap. 52-53), affermano testualmente: “Even on the day of the LH peak, UPA could delay ovulation for 24 to 48 h after administration” e cioè che il farmaco a quel punto sarebbe ancora efficace e in grado di ritardare l’ovulazione, mentre invece è documentato che si comporta come un placebo.

La stessa affermazione, manifestamente contraria all’evidenza scientifica, divulgata in entrambi gli articoli con il prestigio del Karolinska Institutet.

Effetti endometriali

Veniamo all’endometrio. L’assunzione di una sola dose di Ulipristal altera profondamente la recettività del tessuto, sia che essa avvenga a metà della fase follicolare (Diap. 54-57), prima ancora che inizino i giorni fertili,(46) sia che essa avvenga a metà ciclo nei giorni immediatamente successivi all’ovulazione (47) (a concepimento avvenuto) (Diap. 61-67), sia che essa avvenga, infine, a metà della fase luteale,(48) proprio nei giorni in cui l’embrione dovrebbe annidarsi. (Diap. 58-60) Viene meno l’effetto del Progesterone sull’endometrio e, con esso, l’espressione di quelle proteine che rendono l’organismo materno accogliente nei confronti del figlio. (Diap. 80) Questi effetti sono sovrapponibili a quelli osservati dopo somministrazione di Mifepristone (RU486), ma UPA è efficace a dosaggi ancora inferiori.(32) (Diap. 67)

L’effetto inibitorio sulla maturazione dell’endometrio è diretto ed è legato all’inibizione dei recettori tissutali per il Progesterone (è esattamente lo stesso meccanismo con cui agisce la pillola RU486).(49-54) In sostanza, ellaOne® occupa quelle strutture cellulari alle quali il Progesterone dovrebbe legarsi per poter espletare la sua funzione pro-gestazione. (Diap. 80) Il Progesterone è presente ma non può agire e l’endometrio non diventerà un ambiente ospitale. Questa inibizione si osserva anche quando alla donna vengono somministrati dosaggi di Ulipristal sensibilmente più bassi di quanto è contenuto nella pillola ellaOne®: per rendere l’endometrio ostile all’embrione bastano, infatti, dosi anche cinque volte inferiori a quelle assunte, con scarso successo, a fini anti- ovulatori. E’ documentato che la soglia di farmaco sufficiente per alterare l’endometrio è inferiore a quella richiesta per interferire col normale sviluppo dei follicoli ovarici.(46-48) (Diap. 57,82) Con ellaOne®, dunque, l’endometrio sarà sempre inospitale ed ogni volta che avverrà un concepimento l’embrione, inevitabilmente, non potrà sopravvivere.

In sintesi, le donne che assumono Ulipristal dopo un rapporto sessuale avvenuto nel periodo fertile del ciclo prevalentemente ovulano e possono concepire. Gli spermatozoi saranno già entrati e l’uovo viene liberato: nulla osta al concepimento. L’endometrio, però è irrimediabilmente compromesso, indipendentemente dal momento in cui Ulipristal venga assunto.

D’altra parte, la grande e reclamizzata novità di ellaOne, presentata come “la pillola dei cinque giorni dopo”, è proprio quella di essere totalmente efficace anche se presa cinque giorni dopo il rapporto sessuale avvenuto nel periodo fertile del ciclo. Se immaginiamo un rapporto sessuale avvenuto il giorno prima dell’ovulazione, con il concepimento entro le successive 24 ore (e quindi 48 ore dopo quel rapporto sessuale), come potrà invocarsi un’azione anti-ovulatoria e anti-concezionale per un agente chimico assunto con immutata efficacia fino a cinque giorni da quel rapporto e quindi fino a quattro giorni dopo l’ovulazione e fino a tre giorni dopo il concepimento? Si avrà esclusivamente un’azione anti-annidamento.(32,43)

E’ evidente da tutte le considerazioni esposte che questi farmaci agiscono prevalentemente impedendo l’annidamento dell’embrione in utero, ma questo effetto non è compatibile, come si è detto all’inizio, con i principi fondamentali su cui si fondano le nostre Leggi e la nostra stessa Costituzione.

Con amarezza, tuttavia, dobbiamo ancora segnalare la persistenza nel divulgare informazioni non corrette da parte della Gemzell-Danielsson, anche in relazione agli effetti endometriali di UPA. (Diap. 68-70) In un articolo del 2013,(55) alla pagina 5 (Diap. 69), discutendo gli effetti di Ulipristal sull’endometrio quando viene somministrato nella fase luteale iniziale, e cioè successivamente all’eventuale concepimento, l’autrice riporta che UPA non micronizzato, alle dosi di 50 e 100 mg determina una riduzione nello spessore endometriale e un incremento dei recettori progestinici (che indicano il prevalere dell’effetto estrogenico), effetti che impediscono l’annidamento dell’embrione. Sono i dati di Pamela Stratton.(47) Contestualmente però l’autrice stessa aggiunge che il dosaggio utilizzato per la contraccezione d’emergenza non sarebbe in grado di modificare l’endometrio (“Yet, in the doses relevant for EC use (30 mg) UPA has no significant effect on the endometrium”). La Gemzell-Danielsson sembra dimenticare che ellaOne®, 30 mg di UPA micronizzato, equivale esattamente ai 50 mg di UPA non micronizzato (12,40) che sono stati somministrati nello studio della Stratton e che, di conseguenza, ellaOne® non può che avere gli stessi effetti anti-annidamento sull’endometrio. Ma ciò che più colpisce, in questa singolare sequenza, è che nello stesso articolo, poche pagine più avanti, alla pagina 9 (Diap. 69), la stessa Gemzell-Danielsson dimostra di sapere che 30 mg di UPA micronizzato (ellaOne®) equivalgono a 50 mg di UPA non micronizzato. Né, d’altra parte, potrebbe ignorarlo, essendo esperta in materia e avendo fatto parte del medical advisory board della HRA Pharma, come segnala in coda al medesimo articolo.

Questa stessa informazione, non corrispondente al vero, è ripetuta con pervicacia dalla stessa autrice in una Review del 2014,(56) nel primo capoverso della pag. 687 dove afferma testualmente che “UPA given in early-luteal phase shows dose-dependent effects with no significant endometrial effects observed follwoing exposure to doses relevant for EC”. (Diap. 71-72)

Tuttavia, le righe che seguono sono, se possibile, ancora più preoccupanti (Diap. 73): in esse la Gemzell-Danielsson cita Lalitkumar [29] – un articolo già menzionato nella bibliografia di questo stesso testo (28) del quale lei stessa è ultimo autore – e scrive testualmente:

“To be able to study the effect of EC on human implantation, an in vitro three-dimensional implantation model has been developed. In this model it has been demonstrated that LNG or UPA at EC concentrations have no effect on the human embryos or endometrial receptivity and cannot impair or prevent implantation [29]”, che tradotto significa:

“Per poter studiare gli effetti dei contraccettivi di emergenza (CE) sull’annidamento umano, si è sviluppato un modello tridimensionale in vitro. Si è dimostrato che LNG o UPA alle concentrazioni usate per la CE non hanno effetti sugli embrioni umani o sulla recettività endometriale e non possono alterare o prevenire l’annidamento [29]”.

Nell’articolo citato, tuttavia, Ulipristal Acetato (UPA) non è mai menzionato. UPA non è testato in alcun modo e neppure compare in alcun punto dello studio. (Diap. 74-77)

Anche a volersi esprimere con molta benevolenza, ci troviamo davanti a comportamento non comprensibile e difficilmente giustificabile.

Anche la sostanza del messaggio è ingannevole e contrasta fortemente con l’evidenza scientifica. In quello studio, infatti, il Mifepristone (RU486), molecola estremamente simile a UPA quanto a struttura e attività biologica, impedisce l’annidamento di tutti gli embrioni. Ulipristal condivide il meccanismo d’azione del Mifepristone ed è efficace sull’endometrio a dosaggi anche inferiori.(32,46-48)

La scelta discutibile di non dire la verità non riguarda, tuttavia, la sola Gemzell-Danielsson: riguarda anche, purtroppo, la European Medicines Agency, l’EMA, l’ente regolatorio europeo dei farmaci che della verità scientifica e della informazione dovrebbe essere garante, sia nei confronti dei medici, sia, ancora prima, nei confronti della popolazione.

Nel recente documento “Levonorgestrel and Ulipristal remain suitable emergency contraceptives for all women, regardless of bodyweight” (EMA/631408/2014),(57) rilasciato dall’EMA il 30 Settembre 2014 a seguito della “Article 31 referral procedure” relativa all’efficacia dei contraccettivi di emergenza nelle donne in sovrappeso, si è preteso di confermare per i contraccettivi di emergenza il solo meccanismo d’azione anti-ovulatorio. In quel documento, alla fine del capitolo diretto ai medici “Information to healthcare professionals”, sono riportate sei voci bibliografiche. La referenza n. 6 di pag. 3 richiama, attualizzandolo, un precedente documento dell’EMA: “CHMP Assessment Report for Ellaone” (EMEA-261787-2009),(58) dal quale si evince che EMA è ben consapevole del fatto che:

1. “Ulipristal acetato impedisce al progesterone di occupare i propri recettori, così la trascrizione genetica normalmente attivata dal progesterone è bloccata e non vengono sintetizzate le proteine necessarie per iniziare e mantenere la gravidanza.” E’ riportato sotto il titolo “aspetti non clinici” (page 8). (Diap. 80)

2. l’efficacia di Ulipristal Acetato (UPA) e l’efficacia del Mifepristone (RU486) nell’interrompere la gravidanza nei primati sono equivalenti (pag. 10). (Diap. 81)

3. nella contraccezione d’emergenza “alterazioni dell’endometrio possono contribuire all’efficacia di Ulipristal” (pag. 23); si riconosce un meccanismo d’azione post-concezionale che, tuttavia, non viene mai riportato nel foglietto illustrativo di ellaOne®.

4. “la dose di 50 mg di ulipristal (non micronizzato) è stata scelta negli studi di fase II, poiché è la dose minima che altera la maturazione endometriale e induce l’inibizione dell’ovulazione”, e gli effetti endometriali compaiono sempre con dosaggi di UPA inferiori alle dosi necessarie per interferire con l’ovulazione (pag. 22). (Diap. 82)

5. la possibilità che UPA sia utilizzato off-label per interrompere la gravidanza è concreta ed è presentata come “safety concern” nella Tabella “Summary of the risk management plan for Ellaone” (pag. 41 – secondo spazio a sinistra), ma la scelta strategica per minimizzare il rischio è stata quella di non parlarne (“Omit any sentence in the SPC and the PL suggesting that the product could be used as an abortifacient.” (pag. 41 – secondo spazio a destra). EMA e HRA Pharma concordano sul fatto che tutti gli approcci per evitare che ellaOne sia usato per interrompere la gravidanza hanno limiti inevitabili, e che l’unico modo possa essere un registro delle prescrizioni (page 45 and 46), quelle prescrizioni che EMA ora ha eliminato. (Diap. 83-86)

Sulla base del documento testé menzionato, “CHMP Assessment Report for Ellaone” (EMEA- 261787-2009),(58) il CHMP ha raccomandato la commercializzazione di ellaOne® per la contraccezione d’emergenza. EllaOne® è stato commercializzato come farmaco anti-ovulatorio con il consenso di ogni singola Agenzia Nazionale del Farmaco (AIFA per l’Italia).

In Letteratura non sono apparsi nuovi dati sugli effetti endometriali di Ulipristal: gli articoli che li descrivono nel documento dell’EMA (EMEA-261787-2009) sono gli stessi citati nella presente Position Paper: HRA2914-505: Stratton.(46) HRA2914-506: Stratton. (47) HRA2914-503: Passaro.(48) Sono gli stessi (47) i cui risultati sono commentati in modo non corretto dalla Gemzell-Danielsson nel 2013 e 2014. (55,56)

Infine, nel già citato documento “EMA Annex I – Summary of Product Characteristics” aggiornato al settembre 2014,(14) alla pag. 7, punto 5.1 – Pharmacodynamic properties, si legge testualmente: “Pharmacodynamic data show that even when taken immediately before ovulation is scheduled to occur, ulipristal acetate is able to postpone follicular rupture in some women.”

“in some women”, in alcune donne: in otto donne su cento come riporta Brache (34).

Nonostante questo dato e nonostante le evidenze appena richiamate,(57,58) nel foglietto illustrativo a pag. 20, punto 1, si sostiene testualmente che “ellaOne is thought to work by stopping your ovaries from releasing an egg”.(14) Si riporta che impedisca l’ovulazione. Ciò appare, ancora una volta, in contrasto con l’evidenza scientifica.

Sembra ragionevole ritenere che l’EMA, nel momento in cui presenta ellaOne® come un farmaco anti-ovulatorio sia ben consapevole dei suoi prevalenti effetti post-concezionali e, ancor più, della sua capacità di interrompere la gravidanza con la stessa efficacia del Mifepristone (RU486).

Da ultimo, nell’Assessment Report EMA/73099/2015 che chiude la Procedura EMEA/H/C/001027/II/0021 (http://www.ema.europa.eu/docs/en_GB/document_library/EPAR_- _Assessment_Report_-_Variation/human/001027/WC500181904.pdf) EMA riconosce che “nel giorno del picco di LH, come il Levonorgestrel, ulipristal acetato non può ritardare o inibire l’ovulazione meglio di quanto non faccia un placebo” (pag. 67). Del pari, nella Tabella che riassume i “safety Concerns”, sono tuttora segnalati come importanti rischi potenziali gli “effetti sulla prosecuzione di una gravidanza dopo utilizzo off label” (pag. 63 – prima riga). Ciononostante, il CHMP dell’EMA rimuove la “gravidanza” dalle controindicazioni e rende ellaOne® “medicinale non soggetto alla prescrizione medica” nella UE. (Diap. 87-88)

Altri impieghi terapeutici di Ulipristal

Che gli effetti di Ulipristal e Mifepristone siano largamente sovrapponibili nell’apparato riproduttivo femminile è del resto ampiamente noto e documentato.(17,32,59-63)

Mifepristone è utilizzato come contraccettivo di emergenza a dosi di 25-50 mg in Cina.(17) Se somministrato a metà della fase follicolare, prima ancora che inizino i giorni fertili, i suoi effetti sull’ovulazione sono simili a quelli di UPA,(64) anche se UPA è efficace a dosaggi molto inferiori.(46)

Parimenti, nella fase luteale iniziale, 200 mg di Mifepristone sono altamente efficaci nell’impedire la gravidanza;(65-67) è superfluo sottolineare che in quella fase del ciclo ovulazione e concepimento sono già avvenuti. E’ lo stesso effetto riscontrato con dosaggi di Ulipristal largamente inferiori.(47)

Infine, somministrato nella fase medio-luteale, anche il Mifepristone come Ulipristal non micronizzato, alla medesima dose di 200 mg, determina costantemente un sanguinamento endometriale anticipato.(48)

Mifepristone (RU486) alla dose di 200 mg è il farmaco che si usa per interrompere la gravidanza.

Ulipristal non è mai stato utilizzato per l’interruzione della gravidanza nella donna. I due farmaci, tuttavia, condividono le stesse attività sia sullo sviluppo dei follicoli ovarici, sia sull’endometrio, a dosaggi che sono sostanzialmente sovrapponibili.(51-54) Inoltre, sia Ulipristal(68,69) sia Mifepristone,(70,71) sempre alle medesime dosi (5 mg al giorno per trattamenti di tre mesi), sono in grado di ridurre il volume dei fibromi uterini e di ridurre l’intensità delle emorragie uterine.

Attualmente Ulipristal micronizzato è disponibile in farmacia per il trattamento pre-operatorio dei fibromi uterini. Il nome del preparato commerciale è Esmya: una confezione contiene un blister con 28 compresse da 5 mg ognuna, per un totale complessivo di 140 mg (ellaOne ne contiene 30 mg).

Ci preme solo ricordare che 120 mg di Ulipristal micronizzato (dosaggio inferiore a quanto contenuto in una confezione di Esmya ed ottenibile con sole quattro compresse di ellaOne)

equivalgono a 200 mg di Ulipristal non micronizzato(40): la dose equivalente a quei 200 mg di Mifepristone che si usano nei protocolli per l’interruzione della gravidanza. Entrambi i farmaci, a questi dosaggi, somministrati sette giorni dopo l’ovulazione e il concepimento, esattamente nei giorni in cui si perfeziona l’annidamento, determinano costantemente una mestruazione anticipata.(48,72)

Questo dato andrebbe considerato con estrema attenzione nel decidere le modalità e i limiti di prescrizione dei preparati che contengono Ulipristal Acetato.(32)

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PROF. Bruno Mozzanega

Un Farmaco per Tutti

Il progetto “Un Farmaco per Tutti”, del quale noi come associazione siamo coinvolti in prima persona, sta funzionando a ritmi incalzanti.

Per tutti coloro che vogliono partecipare prego far pervenire alla mail: unfarmacopertutti@libero.it disponibilità di giorno settimanale e orario, così faremo un calendario organizzato e puntuale.
Più ne siamo e più la fatica si riduce per tutti.
Per noi è questo un modo reale e concreto di essere Farmacisti Cattolici!

Lunedì 14 marzo 2016 – incontro dibattito

La sezione di Milano dei farmacisti cattolici propone un incontro e riflessione:
Lunedì 14 marzo 2016 – incontro dibattito
ore 21,00 in Viale Piceno 18, Milano – secondo piano – dibattito sul Manifesto della vita II^ parte – relatore don Roberto Valeri bioeticista e Assistente Spirituale dei Farmacisti Cattolici di Milano.

Domenica 13 marzo 2016 – Giubileo del Farmacista

La sezione di Milano dei farmacisti cattolici propone un incontro e riflessione:
Domenica 13 marzo 2016 – Giubileo del Farmacista
ritrovo alle 14,00 nei pressi della Chiesa di San Giuseppe della Pace, Via Bullona, per proseguire a piedi fino all’Istituto Don Gnocchi