In Italia manca una legge a tutela dell’obiezione di coscienza, per prodotti controversi come i “contraccettivi d’emergenza” (e non solo), potenzialmente abortivi. La Bussola intervista Maria Teresa Riccaboni, dell’Unione Cattolica Farmacisti Italiani.
Da anni il tema è noto, ma continua ad essere bistrattato dal grosso della classe politica italiana. Parliamo del riconoscimento dell’obiezione di coscienza in favore dei farmacisti, categoria nodale e che pure sul punto in questione continua ad essere discriminata. Il tema negli anni è assurto agli onori delle cronache soprattutto a seguito dell’introduzione e progressiva liberalizzazione dei falsamente detti “contraccettivi d’emergenza” (“pillole del giorno dopo” e similari), prodotti che in realtà possono avere non solo un effetto antiovulatorio ma anche un meccanismo abortivo. E questi non sono i soli “farmaci” problematici.
Nelle scorse legislature erano stati presentati diversi Ddl che cercavano di porre un rimedio alla situazione, così da garantire ai farmacisti il diritto all’obiezione, sulla falsariga di ciò che la Legge 194/1978 e la Legge 40/2004 garantiscono al personale sanitario. Sarebbe il minimo sindacale. Ma quei Ddl sono finiti nel dimenticatoio. E un farmacista che oggi intende seguire la legge morale naturale non ha molta scelta: in breve, o vende il prodotto contrario alla retta coscienza o rischia seriamente di perdere il lavoro. La Nuova Bussola ne ha parlato con Maria Teresa Riccaboni, vicepresidente dell’Unione Cattolica Farmacisti Italiani (UCFI).
Il governo Meloni è in carica da quasi un anno. Avete avuto modo in questi mesi di interloquire con qualche esponente, parlamentare o di governo, di questa legislatura, sul tema dell’obiezione di coscienza per i farmacisti?
L’UCFI da molti anni si interessa al tema dell’obiezione di coscienza del farmacista. Tuttavia, dopo la pandemia e con la morte del presidente Piero Uroda, abbiamo avuto un rallentamento. Quest’anno, a maggio, abbiamo rinnovato le cariche con la nomina del nuovo presidente, Giuseppe Fattori, e adesso ci stiamo muovendo per riorganizzare le nostre attività.
Quanti iscritti conta l’UCFI?
Abbiamo raggiunto circa un migliaio di iscritti. Adesso vorremmo coinvolgere maggiormente i giovani coinvolgendoli durante il tirocinio e anche cercando di aumentare la presenza di farmacisti cattolici nel volontariato, dove c’è bisogno di organizzare la distribuzione di medicinali a chi ne ha bisogno e assistere i più fragili.
Federfarma vi ha mai appoggiato, in qualche modo, nella richiesta per l’obiezione di coscienza?
I nostri interlocutori sono Federfarma e l’Ordine dei Farmacisti. Finora ci hanno ascoltato e ci hanno ospitato per le nostre riunioni e convegni e sanno che esistono farmacisti che vorrebbero esercitare l’obiezione di coscienza. La posizione di Federfarma e della Federazione degli Ordini Professionali è per ora contraria all’obiezione di coscienza in quanto, sebbene questa trovi un fondamento nell’art. 2 della Costituzione, non c’è una legge specifica che tuteli i farmacisti obiettori. I nostri organi istituzionali ritengono che non sia loro compito adoperarsi per ottenere una legge sull’obiezione di coscienza del farmacista.
Eppure, il vostro Codice deontologico, almeno implicitamente, prevede l’obiezione di coscienza…
Sì, all’art. 3, tra i doveri del farmacista, è previsto «di operare in piena autonomia, libertà, indipendenza e coscienza professionale, conformemente ai principi etici propri dell’essere umano e tenendo sempre presenti i diritti del malato e il rispetto della vita, senza sottostare ad interessi, imposizioni o condizionamenti di qualsiasi natura».
I farmacisti che intendono obiettare rispetto a “contraccettivi d’emergenza” o altri prodotti controversi a livello morale, trovano difficoltà anche al momento dell’assunzione?
Dopo la liberalizzazione della vendita dei “contraccettivi d’emergenza”, acquistabili senza alcuna difficoltà e senza ricetta, la maggior parte dei farmacisti ha cessato di farsi domande e li vende con tranquillità. Sono molto rari i casi di farmacisti che dichiarano di volersi astenere dal dispensare i “contraccettivi d’emergenza”. Non sono a conoscenza di casi in cui ci sia stata difficoltà nell’assunzione. Invece conosco appena un caso di farmacista che, non potendo esercitare l’obiezione di coscienza, è stato costretto a cercarsi un altro posto di lavoro. Sono a conoscenza anche di qualche caso in cui il farmacista, dopo averne discusso col datore di lavoro, ha ottenuto la possibilità di far consegnare il “contraccettivo d’emergenza” da un altro collega non obiettore.
Per i titolari di farmacia, cambia qualcosa? Cioè, possono evitare o rifiutarsi di avere in negozio prodotti contrari alla coscienza come pillole abortive o potenzialmente abortive?
Il titolare può scegliere quali linee di prodotti tenere, sempre garantendo la qualità e la quantità dei farmaci necessari a garantire una perfetta assistenza farmaceutica ai propri pazienti.
Che ruolo gioca il mancato inserimento degli effetti abortivi nei foglietti illustrativi di Norlevo, il cui bugiardino prima li segnalava, ed Ellaone? E poi il venir meno dell’obbligo della ricetta?
Credo che il mancato inserimento dei potenziali effetti abortivi, diciamo antinidatori, dei due farmaci Norlevo (levonorgestrel) ed Ellaone (ulipristal) sia stato necessario per l’ottenimento da parte dell’azienda farmaceutica della riclassificazione da “obbligo di ricetta medica” a “vendita senza obbligo di ricetta” (SOP). Il risultato è stato quello di rendere facilmente disponibili i prodotti per la “contraccezione di emergenza” a tutti coloro che ne fanno richiesta, come si è visto dall’incremento delle vendite. Mentre per Norlevo nei primi anni della commercializzazione era stato riportato l’effetto antinidatorio nel foglietto illustrativo e poi è stato tolto, per Ellaone l’effetto antinidatorio o abortivo non è mai stato riportato fin dal principio. Con gli attuali foglietti illustrativi dei due prodotti la donna non riceve una corretta e completa informazione sui reali effetti eventualmente anche post-concezionali e intercettivi. Inoltre, omettendo di riportare il potenziale effetto abortivo, si rende più difficoltoso poter richiedere l’obiezione di coscienza se non dopo aver citato gli studi scientifici che ne parlano.
A proposito, non manca la letteratura scientifica che segnala che vi sia anche un meccanismo d’azione abortivo nei “contraccettivi d’emergenza”, giusto?
In Italia c’è un ginecologo che si è preso l’impegno di studiare tutti i documenti depositati all’EMA, l’ente regolatore europeo, e tutta la letteratura scientifica mondiale, il professor Bruno Mozzanega, presidente della Società Italiana di Procreazione Responsabile. Il prof. Mozzanega ha esposto molto bene tutte le spiegazioni scientifiche che dimostrano che Ulipristal 30 mg micronizzato, il principio attivo di Ellaone, possiede anche un’azione antinidatoria. Nel sito www.sipre.eu si trova tutto quello che serve per supportare l’esistenza degli effetti abortivi nel caso di Norlevo ed Ellaone utilizzati per la “contraccezione d’emergenza”.
Secondo gli ultimi dati ufficiali, nel 2020 sono state vendute in Italia oltre 550.000 confezioni di “pillole del giorno dopo” (Norlevo ed Ellaone insieme). Ciò significa che ogni farmacia si trova di fronte a una richiesta consistente di questi prodotti?
In realtà il numero delle richieste dipende dalle zone. Dove c’è una popolazione anziana prevalente le richieste sono inferiori rispetto alle zone dove c’è una maggiore permanenza e transito di popolazione giovane. Da quando è stato tolto l’obbligo della ricetta, banalizzando il valore farmacologico di Ellaone e Norlevo nelle maggiorenni, il ginecologo non ha quasi più avuto queste richieste e tutta la responsabilità della dispensazione è ricaduta sul farmacista, al quale nella maggior parte dei casi non viene richiesta alcuna informazione. Ci sono da considerare le interazioni con altri farmaci e sostanze e c’è da spiegare che la “contraccezione d’emergenza” non equivale alla contraccezione comunemente intesa.
Altri prodotti particolarmente problematici, oltre ai “contraccettivi d’emergenza”, rispetto a cui non è riconosciuta l’obiezione?
Ci sono diversi prodotti che potrebbero danneggiare il nascituro. In farmacia vediamo le prescrizioni, di cui non conosciamo la diagnosi e le reali finalità. Sarebbe interessante se si facesse un’indagine sulle donne che si presentano in pronto soccorso con un aborto incompleto per individuare quali sono le sostanze presenti nel sangue e da esse capire se si tratta davvero di aborti spontanei o di aborti procurati. Oltre ai prodotti potenzialmente nocivi per le prime fasi della vita ci possono essere anche prodotti che a certe dosi possono essere letali ad esempio nel fine vita.
Come associazione di farmacisti cattolici, quale primo passo concreto chiedete per risolvere questa situazione che grava sulla vostra libertà?
Per prima cosa si potrebbe proporre agli organi competenti di effettuare una revisione del foglio illustrativo che miri a riportare il duplice meccanismo d’azione e gli effetti collaterali. La correttezza delle informazioni del foglio illustrativo con l’introduzione della giusta informazione alle utenti del possibile effetto intercettivo/abortivo è indispensabile. Poi, chiaramente, serve una legge che riconosca il diritto per i farmacisti all’obiezione di coscienza.
Ermes Dovico
Articolo originale: LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA